Libera informazione sui sistemi di sicurezza

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Tutorial: come far funzionare software di programmazione

Vi è capitato di installare sotfware che dovrebbero comunicare con dispositivi in rete (centralizzazione di allarmi, programmazione centraline antintrusione e antincendio, controllo accessi, ecc) e questi non entrano in comunicazione anche correttamente collegati in rete?
Permettetemi di darvi alcuni punti da verificare prima di rinunciare:

Esatta configurazione degli indirizzi IP

Verificare inanzitutto se le periferisce vengono viste dal computer. Aprire la shell del sistema operativo col comando CMD. Poi verificare se la periferica risponde al ping chiamandola col suo nome
Se non risponde verificare il tipo di indirizzamento: se DHCP verificare se entrambe le periferiche sono impostate in questo modo. Se viene impostato con indirizzamento manuale, controllare che gli indirizzi possano comunicare fra di loro. Eventualmente modificare il file host ed aggiungere il nome e indirizzo ip della periferica da riconoscere
Se riusciamo a farla “pingare” ma ancora non c’è collegamento, procedere col secondo punto

Verifica fisica del collegamento

Controllare i cavi se sono intatti, magari sostituendoli con dei nuovi. Controllare le porte dello switch se funzionante e abilitata. Se tutto OK, procedere col

Disattivare ogni tipo di firewall e antivirus

Questa manovra mette in pericolo il computer ma è solo una prova se è questo che blocca la comunicazione. Potete disattivarlo dal pannello di comando oppure direttamente al servizio di windowsSe il collegamento si attiva, allora bisogna ripristinare i firewall e/o l’antivirus con delle eccezioni, finchè il collegamento rimane aperto e i firewall sono attivi il più possibile. Se ancora non funziona

Verificare i privilegi degli account di funzionamento

Controllare se l’account utilizzato ha il privilegio di amministrazione e se è stata effettuata l’installazione con un utente amministratore. Nel dubbio disinstallare, verificare se la cartella contenente i programmi è stata cancellata completamente (altrimenti cancellarla) e procedere con una nuova installazione. Se ancora non vuole funzionare

Controllo della programmazione delle DCOM

Certi programmi usano per collegarsi le DCOM, e vanno configurate tramite il comando DCOMCNFG.exe lanciabile da esegui. Qui conviene aggiungere gli utenti ACCESSO ANONIMO e EVERYONE con tutte le ammissioni possibili.

Se dopo di questo non vuole funzionare, mi dispiace, non ho altre idee da suggerirvi….

Gli attrezzi impensabili del nostro mestiere di tecnico impianti sicurezza

Ogni tecnico ha la propria attrezzatura per effettuare al meglio il proprio lavoro di installatore e manutentore di impianti di sicurezza.
E’ inutile citare quelli classici dal tester al cacciavite. Vi sfido però a leggere questi, sempre presente nel mio kit, e ad inventare l’utilizzo prima di leggerlo

Gomma a Biro

La utilizzo per pulire e togliere l’ossido nei contatti a slitta presenti nelle schede a slot. Molti guasti sono rientrati pulendo con questo tipo di gomma la scheda

Resistenza 22 ohm 10 Watt

Serve a testare le batterie tampone. Misura sempre la tensione della batteria mettendo questa resistenza come carico. Molte batterie danno 13,7 v a vuoto ma cadono subito collegandoci un carico.

Vetro oscurato

Indispensabile per la messa a fuoco delle telecamere. Come dovreste sapere la profondità di campo diminuisce con l’apertura del diaframma del obiettivo. Posizionando il vetro davanti, si simula la notte e gli autoiris aprono al massimo mettendosi nella condizione peggiore

Aspirapolvere portatile

Serve a pulire i tubi di campionamento degli ASD. Ricordatevi: prima si aprirano per togliere materiale grosso (ragni, ecc) poi si soffia per stappare i fori. 

Nastro biadesivo forte e silicone

Serve per riattaccare i sensori e canalina dove non si può bucare. Piccoli pezzi di nastro intervallato da silicone: le prime ore tiene attaccato e fissato il biadesivo poi il silicone.

Stagnatore a gas

E’ inutile dirlo: lo stagnatore ideale per il nostro lavoro è quello a gas. Gli elettrici, col passare degli anni, possono disperdere tensione e non sono adatti a fare saldature su schede elettroniche. Quelli a batteria, una volta scarichi, ci mettono troppo tempo per caricarsi. Quelli a gas sono rapidi e possono essere utilizzati anche con phon per restringere le guaine termorestringenti. A proposito, chi ama il proprio stagnatore usa il gas apposito, non quello per accendini, che lo ungono e lo intasano nel giro di pochi giorni

L’invasione degli ultra wireless

In questi ultimi anni, sembra quasi che ci sia stata una invasione degli impianti antintrusione wireless.
Ormai negli appartamenti viene proposto da tutti gli installatori (da quelli di sicurezza, passando all’elettricista e terminando dall’idraulico) viene proposto, consigliato e installato questo tipo di tecnologia per la protezione dagli intrusi.
Ma fino a che punto bisogna spingersi nell’adottare tecnologia senza fili?
Certamente bisogna tenere presente un fattore non confutabile: i sistemi filari sono senza dubbio più affidabili dei sistemi wireless.

Perché meno affidabili??

Affidabilità giustificabile per un semplice motivo: la semplicità del sistema ovvero la prima legge dell’elettronica.
Meno fattori esterni interferiscono col sistema, più affidabile diventa.
Prendiamo un semplice contatto magnetico.
Col filare c’è un semplice cavo a due fili con linea a doppio bilanciamento fino in centrale.
Col wireless c’è: contatto magnetico, batteria sensore, trasmettitore allarme, ricevitore allarme, centrale. La casistica di possibilità di guasti aumenta notevolmente (batterie scariche, possibilità di interferenze, jammer che possono coprire il segnale radio, ecc..)
Senza considerare che l’allarme non viene sempre trasmesso in tempo reale.
Infatti quando si apre il contatto viene trasmesso l’allarme e solo dopo un determinato tempo hai la trasmissione di rientrato allarme. Queste “tempistiche” creano a volte dei problemi. E’ vero anche che si possono diminuire o togliere queste tempistiche ma a discapito della durata della batteria. E se nel momento del bisogno la batteria si scarica?
Inoltre un contatto o un volumetrico messo a protezione ad un punto di passaggio, trasmette in continuazione a discapito della batteria che si consuma in poco tempo.
Se poi passiamo ai volumetrici, ricordiamoci che sono sempre alimentati a batteria. Sottoalimentati non puoi pretendere alte prestazioni. Raramente sono doppia tecnologia ma solo infrarossi con i possibili falsi allarmi che generano.
Il “costretto risparmio energetico” non permette a questi rivelatori di essere molto performanti

Ma allora non è mai consigliabile?

No. Delle volte può diventare l’unica modo di proteggere un ambiente. Dove si hanno vincoli architettonici, opere d’arte, VERA impossibilità di stesura cavi, questi sistemi possono integrare il sistema antintrusione (esistono centrali di tipo misto: filare e wireless).
E questo i professionisti del mestiere lo sanno e non installano solo wireless

E allora come si spiega questo aumento?

Semplice. La facilità di installazione. Senza la stesura cavi, installazione è più veloce e redditizia. Non sporca e lascia il cliente soddisfatto senza canaline in giro.
E’ anche vero che negli appartamenti non vanno a rubare degli specialisti ma l’aumento di questi impianti invoglia i ladri ad attrezzarsi sempre di più.
(N.B. un jammer si acquista facilmente su internet…….. basta informarsi sulla frequenza giusta)

Impianti di sicurezza “MORDI E FUGGI” o “CARI MA BUONI”??

Gli impianti di sicurezza si dividono in due categorie: “MORDI E FUGGI” o “CARI MA BUONI”.
I primi sono fatti da installatori che non hanno alcuna intenzione di continuare il rapporto con il cliente finale. L’unico scopo è fare l’impianto, al minor costo possibile, al fine di collaudarlo con il cliente, ricevere i soldi e poi fuggire via il più lontano possibile.
I secondi sono fatti da installatori che vogliono provare a coltivare il cliente, rimanendo in contatto e proponendogli contratti di manutezione al sistema e, magari negli anni, suggerendogli ampliamenti o modernizzazione dei sistemi, a discapito del prezzo che sicuramente non è concorrenziale
Con questo non voglio assolutamente preferire i secondi dai primi; anche chi costruisce gli impianti senza interesse finale di manutenzione non è detto che costruisce in maniera non professionale.
L’importante è rispettare le norme e rispettare il capitolato (se esiste).
Sicuramente non sta a perdere tempo (e soldi) in quei piccoli accorgimenti che migliorano la buona funzionalità dell’impianto. Il materiale scelto è spesso quello che costa meno e non quello risultato migliore con l’esperienza del tempo. Cablaggi frettolosi nelle scatole di giunzione nascoste, giunzioni non stagnate (siamo in presenza di basse tensioni e correnti dove le ossidazioni possono creare problemi nel tempo), posizionamento non ottimale dei sensori.
Al contrario sono impeccabili come documentazione, quasi per dire “questo è tutto, perfettamente a norme e documentato. Ora hai tutto per problemi futuri”
Purtroppo il modo attuale sta andando verso questa direzione. Non esistono più i professionisti del settore e i pochi che resistono fanno difficoltà a proporsi e a sopravvivere.
Si apre però per loro un nuovo mercato: prendere a mano questi impianti e renderli efficenti. Correggere gli errori e magari “fare bussiness” consigliando e sostistuendo le parti irrecuperabili.
Sempre che il cliente voglia un impianto funzionale e sia disposto ad investire un po di soldi

Tutorial: Piccoli trucchi per una buona manutenzione agli impianti di sicurezza

Sono ormai trenta anni che faccio manutenzione agli impianti di sicurezza. Col tempo ho consolidato una ottima tecnica di lavoro, fatta di esperienza e di qualche trucchetto per garantire al cliente una certa professionalità che si trasforma in fiducia.
La fiducia del cliente è basilare nel nostro lavoro: daresti le chiavi della porta di casa ad uno sconosciuto??
Prima di mettere le mani sulla centrale:
– Chiedere sempre al cliente, se nuovo, la documentazione lasciata in sua possesso dall’installatore. E’ un buon punto di partenza sapere su cosa si sta operando
– Fare una “fotografia” dello stato dell’impianto prima di lavorarci sopra. Se ci sono guasti evidenti, farlo notare subito al cliente. Ma non solo!! Finito il lavoro di manutenzione, accurarsi di lasciare l’impianto come è stato trovato, è un ottimo principio. Segnarsi sempre cosa si esclude per lavorare in modo da re-inserirlo al termine del lavoro

Controllo delle batterie
Per me, l’alimentazione di emergenza, tipicamente basate sulle batterie, è di estrema importanza. La batteria di tampone, dopo i 3 anni, ha la tendenza a guastarsi sempre nei giorni festivi con preferenza nelle festività e nel periodo di ferie!!!
Scherzi a parte, dopo i 3 anni di vita, sostituire TUTTE le batterie tampone da quelle di centrale a quelle dei dispositivi secondari (sirene, combinatori telefonici, ecc).
Cercare di convincere il cliente di cambiarle tutte insieme: il costo non è alto se fatto durante la visita di manutenzione, mentre si alza notevolmente se fatto di urgenza.
Cosa saggia è scrivere sopra le batterie la data di installazione, per permettere a chi fa la manutenzione, un giusto ricambio:
Nei nuovi impianti wireless, le batterie al nichel-cadmio sono garantite talvolta per 5 anni. Bisogna però ricordarsi che i sensori trasmettono ogni volta che si allarmano e vanno a riposo. Vuol dire che se il volumetrico è messo in zone di forte passaggio o un contatto su una porta di ingresso che siapre e si chiude in continuazione, raramente durerà per quel tempo.
TASSATIVAMENTE per gli impianti wireless. Cambiate tutte le batterie di tutti i sensori in una volta sola, per evitare continui ritorni sullo stesso impianto

Consistenza dell’impianto
Farsi un elenco del materiale installato. In caso di chiamate urgenti, sapere già su quale centrale si andrà ad operare e portarsi dietro qualche pezzo di ricambio compatibile, può essere utile:
Per impianti di grossa entità o di notevole importanza (ospedali, centri commerciali, fabbriche,ecc), convincere il cliente di procurarsi un po’ di componentistica di estrema importanza, soprattutto se la centrale non è più in produzione.

Farsi un backup del programma di centrale.
Era più problematico 20 anni fa che il programma si inseriva da tastiera e farsi una copia voleva dire trascrivere manualmente su carta tutti i valori dei passi di programmazione inseriti. Adesso è un file che si ottiene attaccando il computer alla centrale. Magari lasciare una copia al cliente, non avendo paura di lasciare aperta la prota alla ditte concorrenti. Ricordati che, per legge, il cliente può richiederti una copia del programma: è qualcosa che ha pagato.
Avere una copia vuol dire risparmio di tempo in caso di sprogrammazione della centrale, rottura della scheda CPU, mancanza di alimentazione con le batteria tampone esauste.

Verificare sempre la memoria eventi
Da questa si possono scoprire malfunzionamenti dell’impianto o guasti momentanei non rilevati dal cliente

TVCC: in continua evoluzione

Il mondo del tvcc è un mercato in continua evoluzione. Negli anni 70 gli impianti erano completamente diversi da quelli di adesso e mai si sarebbe pensato ad una evoluzione del genere.
Innanzitutto era un mercato di élite, per pochi visto i costi delle apparecchiature e della manutenzione.
Le prime telecamere, se non erano cineprese a pellicola 8 mm azionata in caso di necessità, erano a tubo vidicon e newicon

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Poche erano le marche esistenti e il mercato era tipicamente bancario.
Avevano prezzi folli e periodicamente andava cambiato il tubo che si esauriva.
Anche i monitor andava cambiati spesso soprattutto per evitare l’effetto memoria: il tubo catodico riproducendo la stessa immagine si “incideva” e al passaggio di una persona sembrava un fantasma.
Poi c’era il problema di sincronizzare le immagini, altrimenti al passaggio da una telecamera all’altra aveva lo scrolling dell’immagine con una barra nera sullo schermo.
Questa alterava soprattutto la videoregistrazione. A quei tempi esistevano videoregistratori Time Lapse, ovvero che registavano fotogramma per fotogramma dilaniato nel tempo, permettendo con una cassetta VHS di arrivavare fino a 240 ore.
Altri sistemi tipo quello di marca Comerson, permettevono la videoregistrazione contemporanea in un cassetta VHS di parecchie telecamere, un fotogramma alla volta.
Poi, per visionarla, sistemi appositi ti facevano vedere solo la telecamere scelta, scartando le altre immagini e permettendo la visuale continua a un frame al secondo.
Poi dalle fine anni 90, ci fu una continua evoluzione. Dal tubo si passo al cmos e al CCD. Dai sistemi di videoregistrazione a nastro a sistemi digitali su hard-disk, redendo superfluo il sincronismo. La trasmissione delle immagini passo dl videolento che andava al massimo a 56k su linea telefonica (un frame a bassa risoluzione ogni 5 minuti) alla ISDN per poi passare su Internet che attualmente, visto i sistemi di compressione video (H.264), sono in tempo reale.
Poi, nel 1996, ci fu una rivoluzione.

La ditta Axis ebbe la pazza idea di costruire la prima telecamere di rete del mondo.
Da qui si apri un mondo nuovo. Si passo da una immagine con definizione irrisoria di un centinaio di punti per riga fino ad immagini da 8 -10 Megapixel. Una definizione notevolemnete maggiore delle 500 linee che ti permetteva la telecamere analogica. Poi essendo già in formato digitale, permetteva una più veloce compressione del flusso video e una rapida videoregistrazione nei sitemi digitali.
E permetteva anche di accettare movimenti delle dome, trasmissioni dell’audio, messa a fuoco e zoom. Tutto semplicemente via rete senza cavi aggiuntivi.
Non serve più alimentazione. Con dispositivi POE non occorre piu aggiungere il cavo di alimentazione. E neppure la rete!! Basta un sistema WI-FI
Così, nel giro di poco, il tecnico TVCC dovette trasformarsi da un esperto di ottica e elettronica in un esperto di reti, wireless, trasmissioni dati e informatico.
Attualmente sono riusciti a trasformare i sistemi analogici in HD: molto più semplice da installare e con una buona definizione ma non riesce ad arrivare ai livelli di evoluzione delle telecamere IP.
Gli ultimi studi hanno evoluto la elaborazione delle immagini fino ai primi dati che escono da CCD: viene modificato fino ad ottenere immagini con alta definizione con poca luce oppure una precisione nei controluce incredibile. Meglio che l’occhio umano.

DUR413: doppia tecnologia infrarossi – ultrasuoni

Rivelatore volumetrico DUR413: doppia tecnologia a infrarossi e ultrasuoni.
La caratteristica del sensore è l’utilizzo della tecnologia degli ultrasuoni.
Sviluppata negli anni 90 a risposta della suddetta pericolosità delle micronde, utilizza sempre il principio dell’effetto doppler per il funzionamento.
Avevo un campo ridotto a 7-8 metri di azione.
Dichiarava una elaborazione tra segnale da infrarosso e segnale da ultrasuono tramite parametri memorizzati che permettevano di discriminare falsi allarmi senza discriminare la sensibilità.
era di più di una semplice doppia tecnologia che segnala allarme se entrambe le tecnologie sono in attivo.
Aveva anche il sistema antimascheramento tramite due led messi perpendicolari alla lente di ricezione infrarossi.
Altro particolare era la lente sfaccettata di colore nero, intercambiabile per trasformare il rivelatore in su sensore tenda

Come funziona un rivelatore ottico di fumo

Camera di analisi fuma aperta
Rivelatore ottico

Un rivelatore ottico di fumo funziona principalmente grazie all’effetto di Tyndall. All’interno della camera di analisi del fumo di un rivelatore sono presenti un diodo trasmettitore e un diodo ricevitore.
Al contrario di quello che si pensa, il trasmettitore e il ricevitore non sono allineate, ma sfalsati di una decina di gradi.
Per l’effetto Tyndall, in caso di fumo, si crea una leggera diffrazione della luminosità che rilavata genera lo stato di allarme.
Su questa base teorica nascono varie varianti tecnico-costruttive che migliorano le capacità del sensore. A secondo della qualità del sensore si possono aggiungere retine di protezione per evitare ingresso di animali: lo studio di particolari forme della camera evita le interferenze con ventilazioni ambientali o deposito di polveri.
Certe case costruttrici aggiungono un secondo led ricevitore diretto per garantire il funzionamento del sensore o quantizzare il grado di sporcizia del rivelatore.
Ci sono anche altre case che consigliono la periodica sostituzione della camera di analisi: hanno concepito sensori facilmente smontabili dove si sostituisce facilmente la camera.
Le migliori case costruttrici permettono di variare le soglie di pre-allarme e allarme del sensore (i cosiddetti rivelatori analogici di fumo), mentre altre hanno algoritmi integrati che elaborano l’andamento del segnale nell’arco del tempo e lo mettono a confronto con i dati memorizzati prima di generare allarmi.
Sommando a questo la presenza di un sensore termico che rileva l’innalzamento della temperatura (ma a questo punto abbiamo sensori ottico-termici) abbiamo un risultato di casistica di falsi allarmi pari quasi a 0.

Ultima miglioria trovata è lo studio nel tempo delle leggere interferenze dell’aria. Più ci sono interferenze significa locale “sporco” e il sensore abbassa lentamente la sensibilità.
Meno interferenza più aumenta la sensibilità. A questo punto abbiamo un sensore affidabile ma senza falsi allarmi.
Chiaramente questo tipo di sensore non è sicuramente economico, ma la differenza con quelli canonici non è poi così elevata.

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