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Tag: Rivelazione incendio

La normalizzazione del flusso aria negli ASD

La normalizzazione del flusso di aria negli ASD (sistemi di rivelazione fumo ad aspirazione) e la misurazione del flusso è molto importante per il corretto funzionamento del dispositivo.

Cosa si intende per flusso aria.

Il flusso aria dei ASD è la quantità di fumo aspirata dalla ventola attraverso i tubi forati (pipes) e, normalmente misurata in litri/minuto.
Attraverso a dei debimetri o a dei sensori ad incandescenza riescono a misurare la quantità di aria che attraversa ogni tubo e le variazioni nel tempo.

In questa foto si vedono i 4 ingressi dei tubi con sotto il sensore del flusso


Questo è un valore molto importante: deve essere il più similare al valore indicato sul progetto della macchina effettuato con i tools di progettazione forniti dalla casa costruttrice del prodotto.
Se non corrisponde il tubo non è stato messo in opera bene (tubo rotto o otturato, troppe curve, ecc)
Questo dato, se non corrisponde, può alterare la classe di funzionamento del sistema.

La normalizzazione

Verificato che in fase di installazione che la quantità di aria è quella prevista dal progetto, si procede alla normalizzazione.
Il sistema immagazzina il valore misurato e lo tiene per riferimento. Fatto 100 % questo valore, monitorizza nel tempo eventuali variazioni e vede in percentuale quanto questo si modifica. Se scende sotto una certa percentuale il tubo potrebbe essere otturato, se sale potrebbe essere aperto. In tutti i due casi, segnala un guasto.
Questa normalizzazione può essere un processo rapido (ASD ad un tubo) o abbastanza lungo (ASD a 2,4 tubi).
Per dispositivi a 40 capillari di aspirazione, identificabile ad uno ad uno, il tempo di attesa può arrivare anche a 40 minuti!!
In ogni caso, deve essere controllato il flusso e memorizzato per ogni tubo

Manutenzione

A questi apparati va eseguita una manutenzione specialistica.
La normalizzazione non dovrebbe mai modificarsi nel tempo e va controllata.
Periodicamente la UNI11224 prevede la pulizia dei tubi e la corrispondenza del flusso con il valore del progetto:
La tendenza dei tecnici che ad ogni guasto di flusso procedono con una nuova normalizzazione è fondamentalmente errata. Se non si controlla il flusso reale in litri/metro del progetto, si cade nel rischio di perdere la classe con cui si è progettato o, addirittura, la rivelazione dei fumi.
Ricordo che per mantenere la classe A, bisogno che il dispositivo segnali l’allarme entro 60 secondi all’esposizione di fumo nel foro più distante. Queste alterazioni variano anche le tempistiche di risposta.
I sistemi di classe B devono andare in allarme entro 90 secondi e classe C in 120 secondi
Oltre questi tempi non vengono rispettate le normative

Rivelazione incendi: dal collettivo al indirizzato anche wireless

In questo articolo vediamo il passaggio da linea convenzionale a linea indirizzata

Linee convenzionali ( o collettive)
Inizialmente fu linea convenzionale… Le prime centrali antincendio si collegavano ai sensori e/o pulsanti attraverso una linea bilanciata con una resistenza chiamata appunti EOL (end of line – fine linea). L’interruzione di questa resistenza creava una segnalazione di guasto; una diminuzione della resistenza invece generava l’allarme.
Sistemi più sofisticati usavano (ed ancora usano) una scheda EOL composta da transzorb; oppure resistenza con condensatori per evitare interferenze con la lunghezza del cavo.
Questa linea permetteva anche l’alimentazione del sensore e una base con micro di contatto permetteva di controllare l’esistenza del rivelatore. In caso di allarme, il sensore rimaneva allarmato finchè non veniva tolta la tensione alla linea per qualche secondo.
Erroneamente parlo al passato perchè questo genere di linea esiste ancora oggi ed è utilizzata per piccoli impianti o per centrali che gestiscono spegnimenti.

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Linee indirizzate
Dal 1980 iniziarono a comparire le prime linee indirizzate. C’erano vari problemi da risolvere come aumento dell’assorbimento elettrico del rivelatore più sofisticato, qualità del segnale di indirizzamento e esenzione dai disturbi magnetici.

Le prime zoccoli indirizzati avevano una alimentazione secondaria ( la linea era formata da 4 fili: due di dati e due di alimentazione, ancora oggi utilizzata nell’antintrusione) e spesso l’elettronica di numerazione era montata sulla base e non dentro il rivelatore.

Poi il lampo di genio: inserire un condensatore all’interno della base che alimentato si caricava e manteneva l’alimentazione al circuito elettronico anche quando nella linea veniva invertita la tensione per poter permettere il transito dei pacchetti in bit seriali per l’indirizzamento. Il tutto per poter fare una linea con soli 2 fili come alla maniera convenzionale. Il problema della esenzione dei disturbi pur utilizzando tratti di cavo lunghi fu risolto utilizzando cavo schermato e, nei migliori dei casi, una frequenza di trasmissione molto bassa.

Le ditte migliori furono quelle che fin dall’inizio crearono un protocollo efficace ma ristretto ed minimale. Meno dati da  trasmettere significava velocità di trasferimento minore e maggior esenzione dei disturbi.
Si passò dai 25 sensori per linea a 50 indirizzati fino a 254 sensori. Poi l’uscita della EN54 per le centrali antincendio costrinse a creare linee che in caso di corto circuito o apertura della linea non venissero persi più di 32 sensori.


Segno il passaggio da linea a stella a linea a loop con l’introduzione dei famosi isolatori di linea.

Wireless

Negli ultimi anni sono comparsi anche i rivelatori e pulsanti via radio. Prima sperimentali, oggi sono riconosciuti dalla UNI9795 ed certificati EN54.
Di solito esiste un gateway che li inserisce all’interno del loop oppure comunicano direttamente alla centrale. Sempre per la EN54 si può un massimo di 32 device per gateway o centrale.
Hanno trasmissione radio bi-direzionale e alcune marche consentono di fare collegamenti ponte fra device in modo da aumentare la sicurezza e il campo di azione:
Esiste il problema delle batterie. Alcune marche permettono lo smontaggio e il rimontaggio tramite asta senza bisogno di scala: molto comodo in questo caso.
Ricordatevi che anche il gateway ha la batteria.


Tecniche di indirizzamento
Dip-switch o rotori che numerano il sensore:

molto comodo in caso si sostituisca il sensore ma col rischio che sulla linea vengano montati più sensori con lo stesso numero


Ogni sensore ha un suo numero univoco: 

evita l’errore del doppio numero ma occorre essere a conoscenza della procedura di sostituzione del sensore o del software di programmazione di centrale


Il sensore prende il numero a secondo della posizione sulla linea: comodo perchè non occorre numerare il sensore, ma presenta vari problemi durante l’attivazione dell’impianto, soprattutto se non si conosce il giro dei cavi steso dagli elettricisti. Difficile anche fare ampliamenti perchè occorre modificare il programma in molti punti

Storia degli impianti rivelazione incendi in Italia

Scrivere l’evoluzione della storia degli impianti di rivelazione incendi in Italia è una impresa un po’ ambiziosa. Nonostante tutto proverò a mettere giù una traccia che poi, grazie ai vostri commenti, andrò a perfezionare e completare.

Anni 70

Inanzitutto bisogna tenere in considerazione un fattore importante. In Italia, al contrario di altre parti del mondo, si è iniziato a montare sistemi antincendio per proteggere cose e edifici e non per proteggere l’uomo.
I primi impianti venivano installati nei magazzini di materiale altamente infiammabile (depositi materiali plastici, centrali telefoniche con cavo tessile, ecc) con centrali d’allarme a valvole e rivelatori a doppia camera di ionizzazione, sicuramente la miglior tecnologia di rivelazione per quei tempi. Allora non c’erano tante marche, anzi possiamo dire che in Italia, le ditte costruttrici si potevano contare sulle dita di una mano

Anni 80

Comparsa dei primi rivelatori ottici, più facile da costruire (non avevi a che fare con sostanze radioattive) e si iniziavano a montare anche a completamento di sistema antintrusione con la classica base con rele (es. I Vulcan-o)

26 aprile 1986

Importante questa data per la nostra storia. Disastro di Cernobyl. In Italia inizia la battaglia contro il nucleare e colpisce anche i rivelatori a ionizzazione. Anche se dal Radio si era passati ad un elemento meno pericoloso come l’Americio, la legge impone leggi severe per il mantenimento di questi rivelatori (dichiarazione di possedimento, richiesta di smear-test superficiale per ogni rivelatore, trasporti di materiale da vettori convenzionati) e costringe per motivi economici alla sostituzione degli impianti con sistemi ottici e/o termici

Anni 90

Inizia lentamente a passare il messaggio che la protezione antincendio deve essere estesa anche a salvaguardia dell’uomo. L’aumentare della richiesta è il semplificarsi della tecnologia spinge molte ditte a buttarsi in questo mercato. Si diffonde la tecnologia a linea indirizzata e esce per la prima edizione della UNI9795 nel 1991, norma sulla realizzazione degli impianti antincendio
Anche ditte italiane esordiscono in questo mercato: una per tutte è l’IMS : Industria Milanese Sicurezza

Anni 2000 e poi

Il mercato della sicurezza viene visto come un mercato di nicchia, molto proficuo. Molte

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ditte nascono e vengono comprate da multinazionale che fino ad ora avevano interessi solo nel mondo elettrico. Il lavoro del tecnico viene svalutato e viene integrato nella fornitura globale degli impianti speciali dell’edificio
Nasce il sistema di rivelazione a campionamento d’aria. Nascono i rivelatori antincendio wireless. La moltitudine dei materiali esistenti fa calare improvvisamente i prezzi a discapito della affidabilità di questi impianti, nonostante che l’evoluzione della UNI9795 e la messa in pratica obblighi sempre più all’installazione di dispositivi certificati EN54.

Door fan test o door fan integrity test

Il Door fan integrity test è una prova specifica per i locali soggetti ad un impianto di spegnimento. Serve a controllare la tenuta dell’ambiente soggetta a perdite sicure per garantire che l’agente estinguente si mantenga nel locale nei limiti percentuali previsti per almeno 10 minuti

Perchè fare questa prova?

Per 2 giusti motivi:
Perchè se le perdite sono troppe, la scarica potrebbe non spegnere completamente l’incendio
Perchè è previsto dalla normativa UNI 10877 Sistemi di estinzione incendi ad estinguenti gassosi -Proprietà fisiche e progettazione dei sistemi

Come si effettua questa prova

Per prima cosa bisogna chiudere tutte le eventuali serrande tagliafuoco, aereazioni di ambiente, finestre del locale suddetto ad eccezione di una porta che verrà montato un telone con due enormi fori per contenere una ventola e un coperchio con fori prestabiliti. Esiste anche un piccolo foro dal quale parte un tubicino che va portato in area ambiente, come punto di riferimento.
Collegati tutti gli strumenti ad una centraline di controllo collegata ad un computer, iniziano vari fasi di sovrappressione e depressione della stanza con o senza forti campione.

All fine viene rilasciato un responso dal computer che indica se la sala garantisce la giusta percentuale di gas agente per il minimo di 10 minuti. In caso negativo, la norma sopracitata recita che bisogna procedere a chiudere le varie perdite con chiusure a tenuta di incendio e il ripetere la prova di door fan test fino ad ottenere esito positivo.
Questa verifica andrebbe eseguita ogni volta che vengono fatti lavori consistenti e strutturali nel locale soggetto a spegnimento. Non ci vuole molto, agendo sulle canale di passaggio cavi e sull’inseriemento di nuove condotte aria cambiare questi valori
La prova è molto lunga: fra il montaggio a tenuta stagna della chiusura porta e i vari cicli di ventilazione, dura dalle 2 alle 3 ore: inoltre il dispositivo è molto sensibile agli sbalzi di pressione dovuta a chiusura di porte nei locali vicini o addirittura a folate di vento esterne che bloccano la prova e bisogna ricominciare dall’inizio

UNI11224:2019 – revisione norma sui controlli iniziali e manutenzione sistemi di rivelazione incendi

UNI11224 sui controlli iniziali e manutenzione dei sistemi di rivelazione incendi.
Insieme alla UNI9795 sono le basi per la progettazione e gestione di questi impianti.
Arrivata alla 2 revisione (uscita nel 2007 e rivisionata nel 2011), porta delle novità soprattutto sulla percentuale dei dispositivi da provare su un impianto e chiarisce il concetto di revisione degli impianti e la durata dei componenti.
Inoltre fa un forte richiamo alla normativa
UNI CEI EN 16763:2017 relativa ai requisiti minimi per la fornitura di servizi così come le competenze, conoscenze e abilità delle figure professionali relative alla progettazione, pianificazione, installazione, collaudo, verifica, gestione e manutenzione dei sistemi antincendio e/o sistemi di sicurezza, a prescindere se i servizi sono erogati in sito o in remoto.
Non voglio spiegare i punti cruciali, ma  soffermarmi su certe considerazioni.

VITA DEI SENSORI:

E’ stata decisa una vita dei sensori soggetti ad usura per un uso continuato. Indubbiamente i componenti dei rivelatori ottici, delle barriere lineari e di fiamma , avendo componenti che lavorano continuamente, possono perdere di sensibilità ed affidabilità nel corso degli anni.
Era necessario fissare un periodo di anni (12 ANNI) dopo il quale bisogna o sostituire i sensori o provarli con una prova reale dell’impianto.
ATTENZIONE: sostituzione di alcuni componenti dell’impianto, NON DI TUTTO L’IMPIANTO!!! Sostituendo i rivelatori con sensori compatibili, garantiti dalla casa costruttrice, il cliente non è costretto a rifare tutto l’impianto dopo 12 anni.
La revisione obbligatoria dopo 12 anni dell’impianto perciò non implica il rifacimento dello stesso: se la centrale, i modulo di comando, i pulsanti sono ancora esistenti sul mercato (o pezzi compatibili) basta sostituire i rivelatori ottici (con grande gioia del cliente, già arrabbiato di questa novità)

REGOLAMENTAZIONE DELLE PROVE DEGLI ASD:

Con  l’importante incremento sul mercato di questo dispositivo di rivelazione è stato necessario spiegare come provare e fare manutenzione a questi dispositivi.
Gli ASD sono molto più sensibili dei normali rivelatori, ma più soggetti alla cattiva manutenzione.
La normalizzazione del flusso “selvaggio”, solo per togliere una segnalazione di guasto, va lentamente a peggiorare la sensibilità di un dispositivo che si ritrova dopo a 12 anni a funzionare con una tubazione intasata e magari con qualche foro di aspirazione otturato.
Ora la UNI11224 descrive molto dettagliatamente tutte le prove minime da fare per il controllo iniziale e la manutenzione del sistema.

VALORIZZAZIONE DEL TECNICO MANUTENTORE

Finalmente sulla UNI11224 viene richiesta un minimo di professionalità e competenza. E’ giusto che chi opera su questi impianti di sicurezza sia un minimo preparato con corsi sul materiale installato e sulle normative vigenti sull’antincendio

Purtroppo è stato ancora prorogato il decreto controlli tecnici manutentori antincendio fino al 25 settembre 2024. Dovremo aspettare ancora.

RS 485: connessione seriale standard

Appena si vuole ampliare la centrale antifurto o di sicurezza , si collegano interfacce col cosiddetto BUS di comunicazione. Non solo: anche le tastiere, le sirene, gli inseritori vengono collegati tutti in questo bus formato tipicamente da 4 fili: due dati e due di alimentazione.
Questo tipo di connessione è tipicamente una connessione RS 485, o una leggera variante customizzata dalle varie ditte.
Più precisamente una EIA RS 485 Half duplex.
Conoscendo le caratteristiche principali, i pregi e i problemi che possono sorgere per una errata installazione, si possono risolvere

molti problemi.
Attraverso questo bus passano molte informazioni del sistema e se il collegamento è perfetto e senza disturbi, tutti i pacchetti arrivano perfettamente a destinazione senza creare guasti o falsi allarmi.
Per vedere se il bus della tua centrale è un RS485, se non dichiarato dalla casa costruttrice, lo puoi riconoscere dalla presenza tipica di questo integrato (MAX 485) o similare. I vecchi impianti li montavano su zoccolo perché fragili, dovendo filtrare tutto quello che arrivava dal campo ed era più facile sostituirli.
Il concetto di comunicazione è semplice: la differenza tra la tensione presente sui due fili costituisce il dato in transito. Una polarità indica un livello logico 1, quella inversa indica il livello logico 0. La differenza di potenziale deve essere di almeno 0,2 V per un’operazione valida, ma qualsiasi tensione compresa tra +12 V e −7 V permette il corretto funzionamento del ricevitore.

PREGI

– Lunghezza del bus: arriva a fare fino a 1200 metri e può essere aumentata attraverso dei repeater.
– Semplicità di collegamento: 2 fili con terra (non obbligatoria ma permette di filtrare i disturbi da correnti indotte

PARTICOLARITA’ DA RISPETTARE

– Per avere la massima lunghezza deve essere lineare; il cosidetto “entra e esci”. In caso obbligato di una configurazione a stella, viene ridotta notevolmente la lungheza di azione (dimezzata se no di più)
– Per avere il miglior trasferimento di energia, deve essere bilanciata l’inizio e la fine con una resistenza tipicamente di 120 ohm. L’inizio non deve essere obbligatoriamente in centrale: si può partire con due rami distinti e in fondo mettere la resistenza. Solitamente queste resistenze sono integrate con le interfaccie di comunicazione: un dipswitch permette di inserirla o escluderla a seconda della posizione del bus
– Ogni interfaccia (o Device) deve avere una numerazione per distiguerla dalle altre. Il master (che di solito è la centrale) indirizza la comunicazione attraverso un numero per specificare che deve ricevere il messaggio o riceve un segnale con un numero che identifica il device di provenienza. La numerazione può essere definita manualmente agendo su dipswitch o rotori montati sul device (de definire precedentemente su carta), oppure la casa costruttrice battezza un numero sequenziale univoco ed ogni device ha un numero diverso dagli altri. Esiste un terzo sitema che è l’autonumerazione sequenziale, ma ultimamente è poco utilizzato. ATTENZIONE: un numero doppio sulla linea crea problemi e malfunzionamenti. Bisogna stare attenti, soprattutto con i modelli a settaggio manuale.
– Schermatura. Anche se non obbligatoria, è fortemente consigliata per lunghi tratti o passaggi attraverso locali con forti campi magnetici. Non fare l’errore del cosidetto anello di massa. Le schermature devono essere sempre con un collegamento lineare o stub, mai a loop
– Pulizia del segnale. Trattasi di un segnale che per essere “leggibile” deve essere il più pulito possibile. Se si hanno lunghe tratte di cavi, controllare se i valori resistivi e capacitativi sono dentro i termini di funzionamento indicato dalle case costruttrici. Per aumentare la sezione, non utilizzate il raddoppio del cavo: così facendo si cala il valore resistivo ma si aumenta notevolmente quello capacitativo.

CONCLUSIONE

Questi dettagli sono utili soprattutto con i nuovi sistemi che hanno collegati su questo bus dei dispositivi sempre più complessi e che hanno bisogno di più informazioni. Per fare ciò, è aumentata la velocità di dialogo tra device, richiedendo una maggior pulizia dei dati

Per correttezza esiste anche il collegamento Full-Duplex, a quattro fili, ma raramente utilizzato nel campo della sicurezza

Protocolli di comunicazione per centralizzazione allarmi (SCADA, DCS, BMS)

Per coprire la forte richiesta di comunicazione fra i vari impianti e postazioni di lavoro e gestioni delle segnalazione di allarmi e guasti, sono stati elaborati vari protocolli di comunicazione standard con i quali i vari dispositivi comunicano, anche se appartenenti ad ambienti e case costruttrici diversi.

LonWorks – (Lon Talk):

Sviluppato dalla Echelon Corporation, permette facilmente di far comunicare i dispositivi utilizzando molti tipi di connessioni fisiche dal doppino fino a TCI/IP. Diventato standard internazionale ISO/IEC 14908. Utilizzato nella automazione degli edifici dall’antintrusione alla illuminazione, passando per il condizionamento e riscaldamento. Nata negli anni 80, ha vari punti a suo favore, dal collegamento tipico su doppino non polarizzato molto economico alle alte possibilità di comunicazione

ModBus

Creato dalla Modicon (ora gruppo Schneider Electric), è un protocollo nato inizialmente per la comunicazione dei PLC su due tipi diconnessione: seriale su RS485 o RS232 e ethernet). Poi esteso a molteplici tipi di dispositivi
Ad ogni dispositivo viene assegnato un indirizzo unico e questa potrà comunicare con un indirizzo preso come master. Tutti i pacchetti di comunicazione hanno informazioni di controllo per assicurare l’esattezza del messaggio

Bacnet:

BACnet è un protocollo di comunicazione per reti di Building Automation and Control (BAC) che sfruttano il protocollo standard ASHRAE, ANSI e ISO 16484-5. Protocollo di interscambio dati “aperto”, senza alcun proprietario né diritto di utilizzo particolarmente impiegato nelle applicazione di regolazione e controllo degli impianti meccanici di riscaldamento, condizionamento e trattamento aria.

ONVIF (Open Network Video Interface Forum)

Protocollo di comunicazione standard per quanto riguarda il campo del TVCC digitale e il controllo accessi. Nata nel 2008 da Axis Communications, Bosch Security Systems e Sony Corporation, con l’obiettivo di accelerare l’adozione della tecnologia IP mediante la diffusione di uno standard globale e indipendente per le interfacce di rete.
Idea geniale perché rapidamente hanno aderito in poco tempo più di 40 ditte produttrici quali ASSA Abloy, Canon, Cisco, Dahua Technology, Hanwha Techwin (già Samsung Techwin), Hikvision, Panasonic, Pelco by Schneider Electric, Sunell, LG, Milestone.

CEI-ABI:

Protocollo nato nel 1979 per richiesta di ABI (Associazione Bancaria Italiana) che richiese ai principali fornitori di progettare un protocollo pubblico bi-direzionale e protetto.
Questo permette di gestire gli allarmi con un unico sistema di gestione pur comunicando con impianti di diverse marche

KNX –

Protocollo di comunicazione standard (EN50090 – EN13321-1 – ISO/IEC 14543). Uno dei punti di forza del sistema KNX, è che qualsiasi prodotto etichettato con questo marchio non è una semplice dichiarazione del produttore, ma si basa su prove di conformità effettuate dai laboratori di KNX. Durante questi test, si verifica non solo che il dispositivo supporti il protocollo KNX, ma che i suoi dati utili siano codificati secondo i tipi di dati standardizzati KNX. Ciò permette di realizzare impianti funzionanti anche mediante la combinazione di dispositivi di produttori diversi.

OPCserver

Nel 1995 alcune aziende (Fisher-Rosemount, Rockwell Software, Opto 22, Intellution, and Intuitive Technology) crearono un gruppo di lavoro per definire uno standard di interoperabilità tra prodotti dedicati all’automazione industriale.
Basato sul concetto di client-server, questo permette ai sistemi di supervisione di comunicare con i dispositivi in campo con un definito protocollo di comunicazione, garantito dalla fondazione che sorveglia e definisce lo standard ( OPC Foundation).
Le ditte che aderiscono devono seguire e rendere pubblico questo protocollo.
Le specifiche OPC si basano sulle tecnologie di Microsoft Windows: OLE, COM e DCOM.

DNP3 (Distributed Network Protocol):
DNP3 è un insieme di protocolli di comunicazione specificamente progettato per l’automazione di sistemi di controllo distribuiti, come quelli utilizzati nei settori dell’energia e delle utilities. DNP3 offre funzionalità avanzate per la comunicazione affidabile tra dispositivi SCADA, come il recupero automatico in caso di interruzioni di comunicazione e la gestione di grandi volumi di dati. È progettato per supportare reti di comunicazione eterogenee e può essere utilizzato sia su reti seriali che su reti basate su IP.

PROFIBUS:

è un protocollo di comunicazione utilizzato principalmente nell’automazione industriale. Esistono due varianti principali di PROFIBUS: PROFIBUS-DP (Decentralized Periphery) e PROFIBUS-PA (Process Automation). PROFIBUS-DP viene utilizzato per la comunicazione ad alta velocità tra dispositivi di campo e unità di controllo, mentre PROFIBUS-PA è progettato specificamente per l’automazione dei processi e supporta la comunicazione in ambienti intrinsecamente sicuri.

IEC 60870-5,

uno standard utilizzato sul mercato europeo per la trasmissione di dati tra diversi sistemi SCADA.

Per finire esistono protocolli di comunicazioni elaborati da grosse ditte costruttrici come Siemens, Omron, Mitsubishi, ecc

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