Con la serie 9, la Cerberus esce col suo primo modello di rivelazione indirizzata. Poco prima degli anni 90, la Cerberus era in grado di indirizzare 50 elementi di rivelazione su una linea a 2 fili schermati. Permetteva di inserire rivelatori, pulsanti, moduli di ingresso e moduli di uscita. Con loop che poteva essere fino a 1000 m. Le centrali compatibili erano della serie CS10. La CZ10 poteva tenere fino a 24 linee indirizzate e volendo in versione loop con aggiunta di una scheda
La base in plastica porta rivelatore era identica per tutti: quello che variava era l’elettronica all’interno, di diversi colori a secondo delle caratteristiche che avevano ZZ90D – collettivo ZZ90I – Indirizzabile ZZ90MI – Indirizzabile con possibilità di collegare sul stesso indirizzo vari rivelatori ZZ90SI – Rivelatori da collegare a ZZ90MI
Possibilità di collegare i pulsanti AT50MI. Moduli ad 1 ingresso E90MI e moduli ad una uscita E90CI
Col progredire della ricerca si arrivo al primo rivelatore analogico R930, che poteva comunicare se veniva superato il grado di sporcizia possibile
Poteva installare anche rivelatori a doppia camera di ionizzazione F910. Furono gli ultimi rivelatori radioattivi, dopo di che la Cerberus non ha più prodotto rivelatori a doppia camera di ionizzazione
In questo articolo vediamo il passaggio da linea convenzionale a linea indirizzata
Linee convenzionali ( o collettive) Inizialmente fu linea convenzionale… Le prime centrali antincendio si collegavano ai sensori e/o pulsanti attraverso una linea bilanciata con una resistenza chiamata appunti EOL (end of line – fine linea). L’interruzione di questa resistenza creava una segnalazione di guasto; una diminuzione della resistenza invece generava l’allarme. Sistemi più sofisticati usavano (ed ancora usano) una scheda EOL composta da transzorb; oppure resistenza con condensatori per evitare interferenze con la lunghezza del cavo. Questa linea permetteva anche l’alimentazione del sensore e una base con micro di contatto permetteva di controllare l’esistenza del rivelatore. In caso di allarme, il sensore rimaneva allarmato finchè non veniva tolta la tensione alla linea per qualche secondo. Erroneamente parlo al passato perchè questo genere di linea esiste ancora oggi ed è utilizzata per piccoli impianti o per centrali che gestiscono spegnimenti.
Linee indirizzate Dal 1980 iniziarono a comparire le prime linee indirizzate. C’erano vari problemi da risolvere come aumento dell’assorbimento elettrico del rivelatore più sofisticato, qualità del segnale di indirizzamento e esenzione dai disturbi magnetici.
Le prime zoccoli indirizzati avevano una alimentazione secondaria ( la linea era formata da 4 fili: due di dati e due di alimentazione, ancora oggi utilizzata nell’antintrusione) e spesso l’elettronica di numerazione era montata sulla base e non dentro il rivelatore.
Poi il lampo di genio: inserire un condensatore all’interno della base che alimentato si caricava e manteneva l’alimentazione al circuito elettronico anche quando nella linea veniva invertita la tensione per poter permettere il transito dei pacchetti in bit seriali per l’indirizzamento. Il tutto per poter fare una linea con soli 2 fili come alla maniera convenzionale. Il problema della esenzione dei disturbi pur utilizzando tratti di cavo lunghi fu risolto utilizzando cavo schermato e, nei migliori dei casi, una frequenza di trasmissione molto bassa.
Le ditte migliori furono quelle che fin dall’inizio crearono un protocollo efficace ma ristretto ed minimale. Meno dati da trasmettere significava velocità di trasferimento minore e maggior esenzione dei disturbi. Si passò dai 25 sensori per linea a 50 indirizzati fino a 254 sensori. Poi l’uscita della EN54 per le centrali antincendio costrinse a creare linee che in caso di corto circuito o apertura della linea non venissero persi più di 32 sensori.
Segno il passaggio da linea a stella a linea a loop con l’introduzione dei famosi isolatori di linea.
Wireless
Negli ultimi anni sono comparsi anche i rivelatori e pulsanti via radio. Prima sperimentali, oggi sono riconosciuti dalla UNI9795 ed certificati EN54. Di solito esiste un gateway che li inserisce all’interno del loop oppure comunicano direttamente alla centrale. Sempre per la EN54 si può un massimo di 32 device per gateway o centrale. Hanno trasmissione radio bi-direzionale e alcune marche consentono di fare collegamenti ponte fra device in modo da aumentare la sicurezza e il campo di azione: Esiste il problema delle batterie. Alcune marche permettono lo smontaggio e il rimontaggio tramite asta senza bisogno di scala: molto comodo in questo caso. Ricordatevi che anche il gateway ha la batteria.
Tecniche di indirizzamento Dip-switch o rotori che numerano il sensore:
molto comodo in caso si sostituisca il sensore ma col rischio che sulla linea vengano montati più sensori con lo stesso numero
Ogni sensore ha un suo numero univoco:
evita l’errore del doppio numero ma occorre essere a conoscenza della procedura di sostituzione del sensore o del software di programmazione di centrale
Il sensore prende il numero a secondo della posizione sulla linea: comodo perchè non occorre numerare il sensore, ma presenta vari problemi durante l’attivazione dell’impianto, soprattutto se non si conosce il giro dei cavi steso dagli elettricisti. Difficile anche fare ampliamenti perchè occorre modificare il programma in molti punti
Scrivere l’evoluzione della storia degli impianti di rivelazione incendi in Italia è una impresa un po’ ambiziosa. Nonostante tutto proverò a mettere giù una traccia che poi, grazie ai vostri commenti, andrò a perfezionare e completare.
Anni 70
Inanzitutto bisogna tenere in considerazione un fattore importante. In Italia, al contrario di altre parti del mondo, si è iniziato a montare sistemi antincendio per proteggere cose e edifici e non per proteggere l’uomo. I primi impianti venivano installati nei magazzini di materiale altamente infiammabile (depositi materiali plastici, centrali telefoniche con cavo tessile, ecc) con centrali d’allarme a valvole e rivelatori a doppia camera di ionizzazione, sicuramente la miglior tecnologia di rivelazione per quei tempi. Allora non c’erano tante marche, anzi possiamo dire che in Italia, le ditte costruttrici si potevano contare sulle dita di una mano
Anni 80
Comparsa dei primi rivelatori ottici, più facile da costruire (non avevi a che fare con sostanze radioattive) e si iniziavano a montare anche a completamento di sistema antintrusione con la classica base con rele (es. I Vulcan-o)
26 aprile 1986
Importante questa data per la nostra storia. Disastro di Cernobyl. In Italia inizia la battaglia contro il nucleare e colpisce anche i rivelatori a ionizzazione. Anche se dal Radio si era passati ad un elemento meno pericoloso come l’Americio, la legge impone leggi severe per il mantenimento di questi rivelatori (dichiarazione di possedimento, richiesta di smear-test superficiale per ogni rivelatore, trasporti di materiale da vettori convenzionati) e costringe per motivi economici alla sostituzione degli impianti con sistemi ottici e/o termici
Anni 90
Inizia lentamente a passare il messaggio che la protezione antincendio deve essere estesa anche a salvaguardia dell’uomo. L’aumentare della richiesta è il semplificarsi della tecnologia spinge molte ditte a buttarsi in questo mercato. Si diffonde la tecnologia a linea indirizzata e esce per la prima edizione della UNI9795 nel 1991, norma sulla realizzazione degli impianti antincendio Anche ditte italiane esordiscono in questo mercato: una per tutte è l’IMS : Industria Milanese Sicurezza
Anni 2000 e poi
Il mercato della sicurezza viene visto come un mercato di nicchia, molto proficuo. Molte
ditte nascono e vengono comprate da multinazionale che fino ad ora avevano interessi solo nel mondo elettrico. Il lavoro del tecnico viene svalutato e viene integrato nella fornitura globale degli impianti speciali dell’edificio Nasce il sistema di rivelazione a campionamento d’aria. Nascono i rivelatori antincendio wireless. La moltitudine dei materiali esistenti fa calare improvvisamente i prezzi a discapito della affidabilità di questi impianti, nonostante che l’evoluzione della UNI9795 e la messa in pratica obblighi sempre più all’installazione di dispositivi certificati EN54.
Questo modello di rivelatore di fumo ottico è abbastanza comune e si trova in molte installazioni. Eseguendo una apertura nei singoli pezzi risulta una camera di analisi fumi abbastanza curata e molto particolare, frutto di uno studio fatta per migliorare il controllo di fumo dell’aria.
La presenza di una retina evita l’ingresso di insetti all’interno della camera:
Ecco un po’ di norme da conoscere e rispettare per chi installa e manutenziona impianti antincendio. Come vedete nulla è lasciato al caso, dal materiale alla manutenzione, passando dalla progettazione.
Norma UNI EN 54-1 – Introduzione Norma UNI EN 54-2 – Centrale di controllo e segnalazione Norma UNI EN 54-3 – Dispositivi sonori di allarme incendio Norma UNI EN 54-4 – Apparecchiatura di alimentazione Norma UNI EN 54-5 – Rivelatori di calore – Rivelatori puntiformi Norma UNI EN 54-6 – Rivelatori di calore termovelocimetrici Norma UNI EN 54-7 – Rivelatori di fumo – Rivelatori puntiformi funzionanti secondo il principio della diffusione della luce, della trasmissione della luce o della ionizzazione Norma UNI EN 54-8 – Rivelatori di calore a soglia di temperatura elevata. Norma UNI EN 54-9 – Prove di sensibilità su focolari tipo. Norma UNI EN 54-10 – Rivelatori di fiamma – Rivelatori puntiformi Norma UNI EN 54-11 – Punti di allarme manuali Norma UNI EN 54-12 – Rivelatori di fumo – Rivelatori lineari che utilizzano un raggio ottico luminoso Norma UNI EN 54-13 – Valutazione della compatibilità e connettività dei componenti di un sistema Norma UNI EN 54-14 – Linee guida per la pianificazione, la progettazione, l’installazione, la messa in servizio, l’esercizio e la manutenzione Norma UNI EN 54-15 – Rivelatore multisensore Norma UNI EN 54-16 – Apparecchi di controllo e di segnalazione per i sistemi di allarme vocale. Norma UNI EN 54-17 – Isolatori di corto circuito. Norma UNI EN 54-18 – Dispositivi di ingresso/uscita da utilizzare per percorsi di trasmissione di sistemi di rivelazione e di segnalazione d’incendio Norma UNI EN 54-20 – Rilevatori di fumo ed aspirazione (ASD) Norma UNI EN 54-21 – Apparecchiature di trasmissione allarme e segnalazione di guasto e avvertimento Norma UNI EN 54-22 – Cavi termosensibili Norma UNI EN 54-23 – Dispositivi visuali di allarme incendio Norma UNI EN 54-24 – Componenti di sistemi di allarme vocale. Altoparlanti. Norma UNI EN 54-25 – Componenti che utilizzano collegamenti via radio. Norma UNI EN 54-26 – Rivelatori per il monossido di carbonio – Rivelatori puntiformi Norma UNI EN 54-27 – Rivelatori di fumo nelle condotte Norma UNI EN 54-28 – Rivelatori lineari di calore non ripristinabili Norma UNI EN 54-29 – Rivelatori combinati – Rivelatori puntiformi utilizzanti la combinazione di sensori per fumo e calore Norma UNI EN 54-30 – Rivelatori combinati – Rivelatori puntiformi utilizzanti la combinazione di sensori per monossido di carbonio e calore Norma UNI EN 54-31 – Rivelatori combinati – Rivelatori puntiformi utilizzanti la combinazione di sensori per il fumo, monossido di carbonio e opzionalmente calore Norma UNI EN 54-32 – Pianificazione, progettazione, installazione, messa in servizio, esercizio e manutenzione dei sistemi di allarme vocale
Norma UNI 9795:2021 – Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio – Progettazione, installazione ed esercizio Norma UNI 11224:2019 – Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio – Controllo Iniziale e Manutenzione Norma UNI EN671-3:2009 – Sistemi fissi di estinzione incendi – Sistemi equipaggiati con tubazioni – Parte 3: Manutenzione dei naspi antincendio con tubazioni semirigide e idranti a muro con tubazioni flessibili Norma UNI 10779:2014 – Impianti di estinzione incendi – Reti di idranti – Progettazione, installazione ed esercizio Norma UNI 11292:2008 – Locali destinati ad ospitare gruppi di pompaggio per impianti antincendio – Caratteristiche costruttive e funzionali Norma UNI 11280:2012 – Controllo iniziale e manutenzione dei sistemi di estinzione incendi ad estinguenti gassosi Norma UNI/TS 11512:2013 – Impianti fissi di estinzione antincendio – Componenti per impianti di estinzione a gas – Requisiti e metodi di prova per la compatibilità tra i componenti Norma UNI EN 12094 – Sistemi fissi di lotta contro l’incendio – Componenti di impianti di estinzione a gas Norma UNI EN 12259 – Installazioni fisse antincendio – Componenti per sistemi a sprinkler e a spruzzo d’acqua Norma UNI EN 12416-2:2007 Sistemi fissi di lotta contro l’incendio – Sistemi a polvere – Parte 2: Progettazione, costruzione e manutenzione Norma UNI EN12845:2009 – Installazioni fisse antincendio – Sistemi automatici a sprinkler Progettazione, installazione e manutenzione Norma UNI EN 13565-2:2009 Sistemi fi ssi di lotta contro l’incendio – Sistemi a schiuma – Parte 2: Progettazione, costruzione e manutenzione Norma UNI CEN/TS 14816:2009 Installazioni fisse antincendio – Sistemi spray ad acqua – Progettazione, installazione e manutenzione Norma UNI CEN/TS14972:2011 Installazioni fisse antincendio – Sistemi ad acqua nebulizzata – Progettazione e installazione Norma UNI EN 15004 – Installazioni fisse antincendio – Sistemi a estinguenti gassosi Norma UNI ISO 15779:2012 Installazioni fisse antincendio – Sistemi estinguenti ad aerosol condensato – Requisiti e metodi di prova per componenti e progettazione, installazione e manutenzione dei sistemi – Requisiti generali Norma UNI EN 13501-1 – Classificazione al fuoco di prodotti ed elementi da costruzione. Parte 1. Classificazione in base ai risultati delle prove di resistenza al fuoco.
Un rivelatore ottico di fumo funziona principalmente grazie all’effetto di Tyndall. All’interno della camera di analisi del fumo di un rivelatore sono presenti un diodo trasmettitore e un diodo ricevitore. Al contrario di quello che si pensa, il trasmettitore e il ricevitore non sono allineate, ma sfalsati di una decina di gradi. Per l’effetto Tyndall, in caso di fumo, si crea una leggera diffrazione della luminosità che rilavata genera lo stato di allarme. Su questa base teorica nascono varie varianti tecnico-costruttive che migliorano le capacità del sensore. A secondo della qualità del sensore si possono aggiungere retine di protezione per evitare ingresso di animali: lo studio di particolari forme della camera evita le interferenze con ventilazioni ambientali o deposito di polveri. Certe case costruttrici aggiungono un secondo led ricevitore diretto per garantire il funzionamento del sensore o quantizzare il grado di sporcizia del rivelatore. Ci sono anche altre case che consigliono la periodica sostituzione della camera di analisi: hanno concepito sensori facilmente smontabili dove si sostituisce facilmente la camera. Le migliori case costruttrici permettono di variare le soglie di pre-allarme e allarme del sensore (i cosiddetti rivelatori analogici di fumo), mentre altre hanno algoritmi integrati che elaborano l’andamento del segnale nell’arco del tempo e lo mettono a confronto con i dati memorizzati prima di generare allarmi. Sommando a questo la presenza di un sensore termico che rileva l’innalzamento della temperatura (ma a questo punto abbiamo sensori ottico-termici) abbiamo un risultato di casistica di falsi allarmi pari quasi a 0.
Ultima miglioria trovata è lo studio nel tempo delle leggere interferenze dell’aria. Più ci sono interferenze significa locale “sporco” e il sensore abbassa lentamente la sensibilità. Meno interferenza più aumenta la sensibilità. A questo punto abbiamo un sensore affidabile ma senza falsi allarmi. Chiaramente questo tipo di sensore non è sicuramente economico, ma la differenza con quelli canonici non è poi così elevata.
Rivelatore di fumo analogico R930 (smoke detector) Tipo: analogico indirizzabile Fabbricazione: circa anno 1995 Ditta fabbricatrice: Cerberus (in seguito assorbita dalla Siemens intorno al 2000) Compatibile con le basi Z90MI – Centrali serie CS10 – Cerberus Certificazioni: EN54-7 LPC Vds FM Particolarità: Primo tentativo per Cerberus di sensore analogico. Controllava la sua efficienza e, se non rientrava nei parametri, comunicava un guasto alla centrale. Fino a 50 rivelatori su linea a due fili. Identico come forma al R936 più economico ma non analogico.
Particolare di un rivelatore di fumo DOT1151A-EX aperto. Si vede il sensore termico, la camera di analisi fumo protetta da una rete metallica. Il rivelatore è indirizzabile su linea interattiva con protezione Ex-i. Max linea 32 rivelatori(EN54)