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Impianto antintrusione: bisogna pagare un canone di abbonamento?

Ma tutti gli impianti antintrusione necessitano di un canone di abbonamento?
La risposta è No.
Casomai, per tua maggior sicurezza, puoi aggiungere ulteriori servizi a pagamento, ma non obbligatori.
Analizziamo il problema.

Cosa è un impianto antintrusione.

Un impianto antintrusione è un sistema indipendente per segnalare eventuali effrazioni nelle zone dove è stato installato.
INDIPENDENTE perché deve funzionare sempre, anche se momentaneamente è scollegato dal mondo esterno.
Non deve essere soggetto a canoni di manutenzione per funzionare e, soprattutto, è di proprietà di chi lo compra e se lo fa installare.
Però il sistema deve comunicare l’avvenuta presunta effrazione. La decisione viene fatta da chi lo acquista.
Può scegliere di essere lui il diretto responsabile a ricevere gli allarmi o può scegliere istituti di vigilanza in grado di vendere questo servizio.
La scelta deve essere svincolata dall’impianto che deve essere fatto in modo di poter modificare il ricevente finale degli allarmi.
Chiaramente più sono alti i valori da proteggere, maggiore deve essere lo studio della giusta trasmissione degli allarmi.
Un altro fattore è importante: come per l’acquisto di un auto devi prevedere le spese anche dei tagliandi di controllo, anche per l’impianto antintrusione devi prevedere un controllo almeno annuale.
Controllo batterie, funzionamento sensori, controllo trasmissione allarmi, ecc.
Se acquisti un impianto indipendente puoi scegliere se cambiare l’installatore per mancanza di fiducia o lentezza dei servizi. Informati primo dell’acquisto e fatti consegnare tutti i codici del tuo sistema per poter essere completamente svincolato.

Rimani sempre aperto a varie possibilità..

Se acquisti un impianto intrusione indipendente, sei libero di scegliere con chi collegarlo.
Hai la possibilità, se non contento, di cambiare con altri fornitori del servizio.
Attento anche ai servizi di vigilanza che ti garantiscono la gestione degli allarmi ricevuti dal tuo sistema: esiste una certificazione per gli istituti di vigilanza che è la UNI10891.
Se devi scegliere, scegli almeno un istituto certificato, sinonimo di affidabilità.

Wireless o cablato? Quale antifurto è meglio?

Wireless o cablato? Quale antifurto è meglio?
Sono due grandi domande che chi affronta l’acquisto di un sistema antifurto deve porsi.
La risposta più scontata è: DIPENDE.
Vediamo il perché, analizzando i vantaggi e pregi di queste tecnologie.

Wireless ( o via radio o senza fili)

Vantaggi:
* facile e rapido da installare perché non richiede l’installazione di cavi e canaline verso i rivelatori
* miglior impatto visivo che risulta meno invadente sempre per il motivo sopra indicato
* economico nell’installazione perché non richiede la stesura di molti cavi
Svantaggi:
* rivelatori meno performanti e specialistici per risparmio consumo della batteria
* per ampliamento si è legati ad una marca, la stessa della centrale
* sostituzione periodica delle batterie che varia da sensore a sensore a secondo dell’utilizzo
* campo limitato di utilizzo a seconda anche dello spessore e tipologia dei muri.
* possibilità di influenza di campi magnetici esteri mirati (jamming)

Cablato
La linea bilanciata

Vantaggi:
* installazione più complessa e articolata perché richiede la stesura di cavi
* il montaggio di canaline può essere vistoso e poco gradevoli (se non esiste predisposizione impianto con tubi corrugati interni a muro)
* esente da problemi di jamming
* Possibilità di variare con sensori di diverse marche e al top delle diverse tecnologie
Svantaggi:
* possibilità di svariare con diverse marche con il top delle tecnologie
* meno batterie da sostituire
* in caso di guasto batteria non perdi l’uso di alcun rivelatore (se rimane l’alimentazione primaria a 220Vac)
* se non installato bene, possibilità di oscurare l’impianto con l’intercettazione dei cavi, se non si utilizzano tecnologia via bus
* costo più elevato, soprattutto per installazione
* installazione più lunga

Conclusione

Esaminando questi punti bisogna si potrebbe arrivare a delle conclusioni
Per impianti tipici da appartamenti medio piccoli è meglio utilizzare un wireless (impatto visivo, semplicità)
Per gli impianti medio grossi o a protezione di alti valori economici è meglio affidarsi al cablato e soprattutto con l’installazione eseguita da professionisti.

Esistono anche impianti ibridi (una parte wireless e una parte cablata) per la risoluzione di diverse problematiche, ma anche qui è meglio affidarsi a chi installa per professione.

Inseritori impianto antintrusione: sono sicuri?

Una domanda da meditarci sopra è sicuramente se gli inseritori dell’impianto antintrusione è sicuro oppure no.
Dato per definizione è che l’inseritore è quel dispositivo che semplifica l’inserimento e disinserimento dell’impianto di allarme, permettendo questa azione da un dispositivo remoto.
Direi che esistono molti tipi (più o meno comodi) che si sono evoluti con la tecnologia della centrale.
Esaminiamoli uno a uno, cronologicamente parlando

Tastiera remota

Il classico pannello remoto che gestisce l’intera centrale. Può essere messo anche a distanza tramite collegamento via bus digitale. Permette accesso tramite codice o chiave o tag. Solitamente all’interno della zona protetta perché punto nevralgico e soprattutto perché, se non protetto da appositi contenitori, non è resistente all’acqua e alle intemperie e facilmente danneggiabile con alti costi di riparazione

Chiave elettronica

Dispositivo piccolo, come un interruttore elettrico di casa, che permette di collegarsi ad una chiave elettronica che al contatto inserisce e disinserisce l’impianto. Con l’ausilio di led disposti sul dispositivo o sulla chiave, permette di vedere lo stato di inserimento dell’impianto e l’esito della azione richiesta.
Può essere messo all’esterno perché resistenti alle intemperie, difficilmente danneggiarli e con costi assai bassi.
inseritore
I primi modelli (anni 80) di tipo resistivo, erano di facile copiatura o manomissione. Se veniva perso, dovevi cambiare tutte le chiavi.
Gli ultimi modelli a chiave univoca sono più sicuri e permette, in caso di perdita, di mantenere valide le altre chiavi.
Facili e leggere, si possono mettere insieme alle altri chiavi nel portachiavi di casa

Tag o badge a prossimità

Simile alla chiave elettronica, può avere anche il formato di carta di credito.
Esistono vari modelli e tecnologie di carta, più o meno sicuri alla duplicazione.
Infatti esistono anche dispositivi trovabili su internet che, a secondo della tecnologia, possono duplicare in pochissimo tempo con il solo contatto e emulare il badge sull’inseritore. Da prove personalmente fatte, sono riuscito a duplicarne molti in meno di tre secondi.

TAG controllo accessi
Perciò bisognerebbe evitare le prime tecnologia (125 Khz) e passare ad altri modelli (13 Mghz) magari criptati e difficilmente duplicabili senza chiave di decodifica.
Per aumentare la sicurezza al massimo, bisognerebbe adottare anche la tastiera numerica per introduzione di un pin di convalida.
Per eccesso, è meglio la tecnologia più datata dell’inseritore perché si è “meno” evoluta la ricerca della duplicazione o hackeraggio

Trasmettitore a distanza

Sono piccoli trasmettitori via radio grandi come portachiavi, solitamente a frequenza 433 Mghz. Hanno il vantaggio che non necessita dispositivi esterni per effettuare l’inserimento, per il vasto campo d’azione anche attraverso i muri. (sui 80 metri a campo aperto, 20 metri con muri).
Anche per questi sono presenti in mercato dispositivi che riescono a copiare il codice emesso, senza neanche uno stretto contatto come il precedente per i tag.
Ma per questo difetto, ha sopperito la tecnologia, introducendo il rolling code.
Consiste nel trasmettere sempre codici diversi, in modo che una eventuale copiatura permette l’utilizzo per brevissimo tempo, garantendo la sicurezza. (perciò particolare attenzione sulla richiesta di questa tecnologia.)
Il problema è sapere se l’impianto è inserito o disinserito. Per questo viene spesso utilizzato una serie di led sulla sirena che ti indicano lo stato e brevi suoi della sirena (questi evitano involontari azionamenti del telecomando mentre ti allontani).
Sul funzionamento, esistono varie teorie. Lasciare questi led sempre funzionanti o per brevi istanti dopo la ricezione del segnale.
Il primo ti da sempre lo stato dell’impianto, ma lo rende noto anche ad eventuali ladri.
Il secondo potrebbe farti inserire l’impianto mentre tu lo volevi disinserire, perché non sei a conoscenza dello stato. Io preferisco il secondo anche perché se inserisci per errore, te ne accorgi e lo disinserisci velocemente

Cloud o via internet

La tecnologia fa passi enormi e oggi di permette di collegare il tuo impianto su internet e renderlo visibile e gestibile al tuo telefonino tramite accesso ad internet mediante sistemi cloud.
Comodissimi, soprattutto se associato a telecamere ambientali, risulta però esposto ad hacker sulla rete.
Anche se questi sistemi sono portati alla massima sicurezza con password, doppio riconoscimento, sono comunque esposti ad una possibile violazione.
Dipende sempre cosa si vuole proteggere

IR10 Volumetrico ad infrarosso Cerberus (Alarmcom IP315)

Il rivelatore volumetrico ad infrarosso Cerberus IR10 (o AlarmCom IP 350) è di fabbricazione anni 80 – 90.
Molto sensibile ed esente da falsi allarmi aveva varie particolarità.
Una delle peggiori era la dimensione: chiedeva uno spazio di circa 15 cm per 10.
Il tutto per coprire la fantastica lente concentratrice dei segnali infrarossi che riceveva dal campo

Adesso non si vede più una tecnologia simile, sostituita da lenti fresnel più economiche.
Aveva dei comandi difficilmente trovabile su quelli di oggi come la posizione di impianto disinserito, che spegneva completamente il LED di allarme. (forse presente in quelli via bus). O anche il comando di comando per il 40% di sensibilità:
Notare la chiave di fissaggio della lente. Infatti questa poteva ruotare in basso e ai lati per permettere un migliore orientamento:
Tipico i collegamenti a morsetti a pressione e incastro scheda estraibile. In caso di guasto, si sostituiva solo la parte interna.
Ottimo apparato sostituiva IR71 più economico e meno performante.

Negli anni 80 – 90 gli stessi rivelatori venivano commercializzati da de ditte differenti: una per l’installazione dei sistemi direttamente dai tecnici Cerberus e un’altra per gli installatori esterni (AlarmCom).
Cambiava solo nome e ditta fornitrice.

La linea bilanciata (singolo, doppio o triplo)

La linea bilanciata (singolo bilanciamento, doppio bilanciamento, triplo bilanciamento) è spesso usata nella sicurezza, e non solo nell’antintrusione.
Questa permette di proteggere la linea da eventuali tentativi di sabotaggio come cortocircuiti o tagli, creati involontariamente o volontariamente.
Nel caso di impianti antintrusione un cortocircuito e un taglio viene gestito dalla centrale come manomissione e negli impianti rivelazione incendi come guasti.

LA LINEA A SINGOLO, DOPPIO O TRIPLO BILANCIAMENTO NELL’ANTINTRUSIONE


Questo concetto permette un ottimo grado di sicurezza, con un basso costo, collegando delle resistenze di valore ohmico predeterminato sui contatti all’interno del dispositivo.
Anche se il grado di sicurezza può essere aumentato con i dispositivi direttamente su bus, questo sistema è difficilmente sabotabile.

Per avere un minimo di sicurezza, un collegamento DEVE essere fatto almeno con una linea a singolo bilanciamento, altrimenti è facilmente oscurabile e facilmente si può eludere.
Inoltre le resistenze DEVONO essere montate al termine della linea e non in uscita, per garantire il massimo della sicurezza.

Il concetto è semplice: una o più resistenze vengono collegate in serie al filo di ritorno del contatto normalmente chiuso del sensore per il singolo bilanciamento e una in parallelo al contatto di allarme per il doppio bilanciamento.
Questi diversi carichi resistivi a secondo dei casi di allarme, stato normale e sabotaggio (cortocircuito o taglio) vengono poi gestiti dal sistema di sicurezza.
Mettendo in serie più resistenze collegate ai morsetti del sensore, posso comunicare alla centrale più informazioni (allarme, anti-mask), pur mantenendo l’intoccabilità dei cavi senza provocare allarmi.

Abbiamo cosi una scala di valori resistivi (vedi disegno) entro i quali la centrale identifica uno stato dell’ingresso.
Per essere precisi, esistono anche delle piccole zone indefinite (grey zone), vicino alla zona di passaggio e dovute alla tolleranza delle resistenze, dove la centrale non riesce a definire esattamente lo stato della linea.
Questo particolare può essere interessante, soprattutto per linee lunghe, dove la resistenza del cavo si va aggiungere al valore resistivo totale. Poi, sommato ad ossidazioni di giunte mal fatte, può essere fonte di falsi allarmi (soprattutto per valori di resistenza di bilanciamento bassi o per la messa in serie di più rivelatori)
Se poi ampliamo i nostri orizzonti, anche le linee convenzionali antincendio non sono altro che linee bilanciate. Qui, in caso di allarme, si aggiunge un carico in parallelo. Troppi rivelatori in allarme, potrebbero mandare in guasto la linea senza generare allarme. I nuovi rivelatori sopperiscono a questo problema, sostituendo la resistenza di allarme con un diodo zener e il fine linea (EOL) con un tranzorb.

LA LINEA A SINGOLO, DOPPIO BILANCIAMENTO NELLA RIVELAZIONE FUMI E SPEGNIMENTO

Anche nella rivelazione fumi esistono le linee bilanciate sia come ingresso che come uscite oltre alle comuni linea di rivelazione collettive che ho citato sopra.
Gli ingressi bilanciati (utilizzati come informazioni libere nelle centrali rivelazione fumi, come ad esempio guasti alimentatore o PTF chiusa) si basano sui concetti prima illustrati, aggiungendo la possibilità di variare il valore resistivo mettendo resistenza anche in parallelo e non solo in serie.
Esempio di Ingresso bilanciato riv_fumi

Nella rivelazione fumi troviamo molto spesso anche le uscite bilanciate con resistenze o, meglio ancora monitorate.
Servono per supervisionare il collegamento con le attuazioni ed avere una segnalazione di guasto in caso di interruzione.
La UNI9795 obbliga in certi casi che l’uscita sia monitorata.
Tipicamente esistono due tipi di uscita: con linea di alimentazione diretta oppure invertita. La prima consiste nel controllare la presenza del carico con una leggera tensione (sotto 3 volt), tale da non fare scattare l’attuazione: in caso di allarme la tensione passa a 24 V.
Questa è spessa utilizzata per il controllo delle elettrovalvole delle bombole di spegnimento. Molto sicura perché non ammette possibilità di non funzionare in caso di interruzioni o guasti di componenti
Esempio di una Uscita monitorata ad inversione di tensione

Il secondo tipo prevede una tensione di monitoraggio più alta ma con polarità invertita: un diodo non permette all’attuazione di scattare. In caso di allarme, viene invertita la tensione e il diodo conduce. L’ unico problema è che in caso di rottura o scollegamento del diodo, non si ha alcuna segnalazione e il dispositivo è scollegato.
Esempio di una uscita monitorata con controllo resistivo

Regole da rispettare per la perfetta installazione

Volevo citare alcune buone regole da rispettare per la perfetta installazione di sistemi di allarme (antintrusione, rivelazione incendi, TVCC, ecc), oltre al fatto che tutti i materiali devono essere certificati e gli impianti devono rispettare le norme esistenti nello stato dove viene eseguito.
Possono sembrare banali, ma sicuramente non scontati. Sono dettagli che eviteranno malfunzionamento negli anni.
Ricordiamoci sempre che siamo in presenza di impianti con basse tensione di lavoro e dei loro problemi tipici.

Evitare il più possibile giunzione dei cavi.

Ogni giunzione è un punto debole dell’impianto. Evitarle sempre dove è possibile. Ogni giunzione dovrebbe essere protetta da possibili manomissioni, è un punto critico per le schermature dei cavi per i disturbi, deve essere sempre fatta a regola d’arte.

Giunzioni a regole d’arte

Le giunture dei cavi DEVONO ESSERE STAGNATE, oltre che chiaramente opportunamente isolate. Col tempo, i cavi non saldati tendono ad ossidarsi e ad aumentare la resistenza elettrica, Molti falsi allarmi sono dovuti a giunzioni eseguite male, magari sotto morsetti volanti con i fili attorcigliati e magari l’aggiunta delle resistenze di bilanciamento.

Raddoppio dei cavi per aumentare la tensione

Talvolta per aumentare la sezione dei cavi, capita di vedere raddoppio dei cavi. Questo può al limite funzionare per le alimentazione, ma può notevolmente essere controproducente per il trasporto dei dati. Il raddoppio aumentano notevolmente la capacità complessiva dei cavo che potrebbe alterare i dati ed togliere la loro leggibilità. Talvolta è meglio mantenere una sezione minore.

Calcolo adeguato delle alimentazione e delle sezioni

Con cavi sottili e lunghi tratti, per la legge di Ohm, le tensioni fanno presto a calare. Inoltre se viene a mancare l’alimentazione primaria, si ha un calo della tensione di circa 1 Volt.
I dispositivi antintrusione difficilmente funzionano sotto i 10 volt.
In un impianto che da frequenti falsi allarmi, controllare il mantenimento della tensione nel punti più lontani, con alimentazione a batterie e mentre suonano le sirene.

Attenzione ai puntalini o capicorda

Certamente l’usi dei cosidetti puntalini rende il cablaggio più ordinato, ma se non stretti adeguatamente sono fonti di ossidazioni, falsi contatti ed ossidazioni. Personalmente io li eviteri nei contatti del dati e del bus.

Collegamento e continuità della calza di schermatura

 Collegare la calza a massa oppure al negativo sui cavi usati come bus
– nastrane sempre i cavi alla base della spellatura per evitare che, per esempio, la calza vada a fare contatto dove non deve.
– nastrare sempre i fili non usati per evitare dei corti.
Inoltre la giunta delle schermature DEVE essere fatta, facendo attenzione a non creare i cosiddetti ANELLI di terra che alterano il comportamento dei cavi.

Varie raccomandazioni

– Se il box della centralina è metallico evitare di mettere l’antenna gsm all’interno, questa cosa potrebbe mandare in tilt l’intero impianto: usare l’antenna giusta per ogni tipo di centralina
– evitare se possibile di passare I cavi d’allarme in tubazioni della corrente
– eseguire collegamenti del bus rispettando quanto riportato nel manuale: alcune centrali come la siemens spc ha morsetti appositi AB IN, AB OUT, altre centrali hanno morsetti bus1 e bus2, collegamenti in serie, a stella, ecc
– mai mettere volumetrici vicino o difronte fonti di calore, tende, ecc.. e sopratutto rispettare le altezze.
– mai mettere un volumetrico in angolo vicino o dietro una porta: se la porta viene lasciata aperta il volumetrico potrebbe nn rilevare nulla.
– se il cliente usa le ribalte fare di tutto per montare cm bassi in modo da poter inserire l’allarme con le ribalte aperte

Lo psicologo degli antifurti

Sicuro che il tuo antifurto non abbia bisogno di uno psicologo? Ultimamente la sirena inizia a suonare senza motivo? La tua tastiera di inserimento non è un po’ triste, come se fosse spenta? Forse è il momento di farla controllare da uno che se intende.
Mi presento: sono Anacleto Pistolazzi, psicologo di sistemi antifurto e affini. Da più di trenta anni, mi interesso della psicologia dei sistemi e ricevo nel mio studio, casi disperati e centrali di sicurezza (antifurto, in maggior parte) sull’orlo del suicidio.
Antifurti lasciati soli, mai controllati e coccolati e poi, d’improvviso, i suoi padroni si arrabbiano se smettono di funzionare bene.

Un caso tipico

Tempo fa, sono stato chiamato a visitare un sistema antifurto che tutte le volte che veniva inserito, si azionava senza apparente motivo. Appena ho aperto la centrale, subito questa mi ha ringraziato, perchè era la prima volta dopo 8 anni che qualcuno si degnava di ascoltarla. Non ce la faceva più a sostenere una vecchia batteria tampone che chiedeva sempre di più e gli prosciugava tutte le energie del suo alimentatore e scaldava sempre più l’ambiente.

Agitazione frequente

Un altra mia cliente mi ha rivelato che il suo padrone non la utilizzava più perché secondo lui avevo paura dei temporali e suonavo sempre. Per forza, avevo i sensori inerziali che dopo 5 anni, mai regolati e controllati, avevano perso la soglia di riferimento e si agitavano al minimo rumore. Poi, uno di questi, era stato installato male: si era infiltrata dell’acqua all’interno, e continuava a fare il suo lavoro tutto raffreddato ed ossidato; per forza non era affidabile.
“Non importa essere di una nobile marca” diceva un’altra mia paziente, “se vieni installata male, la tua qualità non basta a far andare bene le cose. Non puoi osare come le aquile, se chi lavora con te sono dei tacchini!!!”

Un lavoro difficile

A tutti voi che volete intraprendere questo lavoro di psicologo, sappiate che non è cosa facile. Professionalità ed esperienza, soprattutto.
Poi bisogna essere multilingue ed oggi soprattutto un conoscitore di tutti i dialetti orientali. Sempre più casi si presentano con linguaggi cinesi-coreani, di dubbia provenienza, esili, magri e malfunzionanti. Come fai a guarirli se non si riescono a capire, se non trovi nessuno capace di aiutarti nel capirli?
Certi casi sono proprio irrecuperabili. Meglio una degna sepoltura e il passaggio a qualche cosa di più comprensibile

Contatto magnetico: il dispositivo antifurto più usato

Il contatto magnetico è sicuramente il dispositivo antifurto più usato in tutti i sistemi antintrusione. La sua semplicità ed efficacia lo rende indispensabile in ogni impianto

Cosa protegge e come funziona

Il contatto magnetico controlla se una porta, o finestra, o cancello è chiuso (impedendo l’accesso ai ladri) o se questo viene aperto nel tentativo di intrusione. E’ composto di due parti: una magnetica che viene posta nella parte movibile, ed una con un relais reed nella parte fissa. Questo relais sente la presenza della parte magnetica vicina fornendo un contatto chiuso: appena la parte magnetica si allontana, il contatto si apre segnalando il cambio di stato. Viene utilizzato per controllare se tutti gli accessi della zona protetta sono stati chiusi

Punto forte: semplicità e basso costo

Ecco nelle foto come è fatto un contatto magnetico.
C’é il relais reed, che non è altro che una piccola ampollina di vetro, saldato su un semplice circuito per attaccare i morsetti e il contatto di tamper. L’altra parte è un semplica magnete. Questo dispositivo non va neanche alimentato, perchè funziona per la forza del magnetismo.

Ma ha un punto debole…

Purtroppo si, è facilmente eludibile. Basta avvicinare un altro magnete al contatto e si può allontanare l’altra parte senza che venga generato allarme. Perciò bisogna stare attenti ad installarlo. Sicuramente va montato dal lato della zona da proteggere, in modo non raggiungibile da fuori.
Altrimenti si può passare ai modelli più evoluti, che compensano a questo difetto

Doppio o triplo bilanciamento magnetico

Sono contatti magnetici composti da più reed e da una parte magnetica che, se posizionata nella giusta posizione di chiusura, crea un particolare flusso che fa chiudere solo una parte di relais (quelli di chiusura). Avvicinando un magnete esterno, questo agisce su tutti i rele, anche quelli che non dovrebbero scattare, provocando una stato di allarme.
Sono più critici degli altri, soprattutto il triplo bilanciamento che sente anche la diversa distanza dalla parte magnetica, e perciò poco idonei in cancelli o porte con chiusure non ferme
Ultimamente in commercio, esistono anche i contatti magnetici con tecnologia Magnasphere®, sempre per ovviare a questo mascheramento.

Varietà

Nonostante tutto esistono molteplice varietà di contatti magnetici

Quelli da incasso, quelli carrabili e calpestabili per saracinesche, quelli da immersione, e pure wireless.
E vengono utilizzati non solo nel campo della sicurezza.

Nebbiogeni e fumogeni: come funzionano? Quando installarli…

Oggi si sente spesso parlare di nebbiogeni e fumogeni come ultimo ritrovato per un antifurto sicuro. Cerchiamo di capire su quale principio di fonda, come funziona e quando installarli.
Il concetto base è togliere visibilità alle persone che si introducono nel locale: se non vedono nulla non riescono a portare via niente e rinunciano al furto.
Nato già da parecchi anni, veniva utilizzato per sventare i furti delle casse continue e dei bancomat.
Gli scassinatori si erano accorti che il tempo che passava tra l’impianto antifurto che scattava e l’arrivo delle forze dell’ordine, era sufficente ad aprire la cassaforte, rubare i soldi e scappare col contenuto. Bisognava creare un “diversivo” che rallentasse gli scassinatori e li convincesse a desistere. Così si inventò che, al scattare del sistema di antintrusione, la stanza si riempiva in poco tempo di un fumo bianco e denso che togliesse la visuale per il tempo necessario all’arrivo della Volante. Bastavano 10-15 minuti e si sventava il furto.
Poi questi sistemi si sono evoluti, sono diventati più commerciabili (calo dei prezzi) e attualmente vengono proposti come COMPLETAMENTO di un ottimo sistema di allarme.
Dico ottimo, perchè deve evitare falsi allarmi e riconoscere esattamente l’introduzione dei ladri, perchè ogni falso allarme COSTA la ricarica del dispositivo.

Differenza fra nebbiogeno e fumogeno

Anche se si basano sullo stesso principio, è il modo di fabbricazione del fumo che cambia. Il fumogeno è praticamente a combustione pirotecnica con un detonatore di innesco, mentre il nebbiogeno ha un liquido vaporizzato tramite una caldaia di riscaldamento.
Si è innescata una battaglia tra le due categorie di produttori per valorizzare quale sia il migliore. Ognuno ha le sue giuste ragioni che variano sulla durata nel tempo, i costi e la praticità installativa.
Esistono anche al peperoncino o orticanti, ma a mio pareri sono molto rischiosi e al limite della legalità.
Ma altri quesiti mi sovvengono

Ma servono realmente?

Se è garantito in poco tempo, l’arrivo di persone penso che sia utile, ma se l’arrivo è ritardato, il fumo nel giro di mezz’ora si dirada.
Poi il fumogeno scatta una volta sola e dopo va ricaricato. (ed ha un costo). Il nebbiogeno invece può andare per più tempo e più volte: tutto dipende dalla ricarica del serbatoio del liquido.
Inoltre la presenza di fumo sicuramente fa scattare sistemi antincendio provocando allarmi e attuazioni secondari
E la sicurezza?? Se all’interno di questo locale invaso dal fumo rimanesse una persona da soccorre urgentemente? Un malessere di un anziano o dei bambini spaventati.

Per questo motivo ritengo che l’installazione vada ponderata e tutti questi fattori presi in considerazione. A mio parere oggi si pubblicizzano un po troppo, come novità commerciale da lanciare e vendere per guadagnare sempre più, non valutando pienamente i benefici e l’utilità.
La disponibilità di kit fai da te mi preoccupa ancora di più……

C’era una volta il combinatore telefonico

Fin dai primi sistemi di sicurezza, si sentiva l’esigenza di trasmettere a qualcuno gli allarmi avvenuti.

Oltre che la sirena esterna, il modo più semplice era appoggiarsi alla SIP sulla linea telefonica. Siamo negli anni 70 e compaiono i primi combinatori telefonici.
Quando scattava l’allarme, il dispositivo si accendeva, prendeva la linea telefonica, componeva un numero telefonico pre-impostato e trasmetteva un messaggio telefonico.
Era un piccolo mangianastri, tutto registrato in una nastro magnetico (nei primi, anche il numero telefonico era registrato con degli impulsi), con una cassetta senza fine, che permetteva al nastro di essere sempre pronto, senza riavvolgersi.
Poi ci fu una lenta trasformazione e successive migliorie con il progresso dell’elettronica: il numero era impostabile da tastiera e non era più uno solo, il controllo della linea telefonica che percepiva se era presente e se dall’altra parte avevano risposto alla chiamata. Vennero creati degli standard di comunicazione (es: Contact ID), che permetteva di identificarlo e centralizzarlo negli istituti di vigilanza.

I nastri magnetici divennero sempre più piccoli, fino a scomparire sostituiti dalla memoria elettronica e dai messaggi digitali, che permettevono di inviare più messaggi (allarme, guasto, impianto inserito, manomissione, ecc)

Prima grande evoluzione

Ma la grande rivoluzione la fece la linea telefonica cellulare. SI poteva inviare le chiamate senza linea telefonica, tramite il cellulare.

Uscirono i primi combinatori telefonici su rete cellulare. I primi erano dei dispositivi con un VERO E PROPRIO CELLULARE all’interno, collegato col cavetto di alimentazione e vivavoce per auto.
Il dispositivo non faceva altro che simulare un vivavoce di auto e trasformava il tutto in un combinatore telefonico.
Poi, con l’evoluzione del mercato,  uscendo integrati che gestivano la rete cellulare, il telefono scomparì per lasciare spazio all’inseritore della SIM.
Da lì il passo fu breve: possibilità di invio SMS, maggior controllo della SIM con controllo anche della ricarica con avviso di necessità soldi.
Divennero sempre più piccoli, fino ad essere integrati con la centrale antintrusione.

Seconda grande evoluzione

Poi, con la diffusione di internet, ci fù un ulteriore evoluzione. Possibilità di vedere immagini, di collegare e programmare le centrali in rete, di gestire da ogni punto gli allarmi. Reti virtuali e cloud per gestirli col minimo dei costi
Ma quasta evoluzione rischia di mandarlo definitivamente in pensione (o ad un particolare utilizzo in casi estremi). Al giorno d’oggi, che quasi tutti abbiamo la fibra in casa, conviene ancora installarlo per avere internet?

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