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Impianto antintrusione: bisogna pagare un canone di abbonamento?

Ma tutti gli impianti antintrusione necessitano di un canone di abbonamento?
La risposta è No.
Casomai, per tua maggior sicurezza, puoi aggiungere ulteriori servizi a pagamento, ma non obbligatori.
Analizziamo il problema.

Cosa è un impianto antintrusione.

Un impianto antintrusione è un sistema indipendente per segnalare eventuali effrazioni nelle zone dove è stato installato.
INDIPENDENTE perché deve funzionare sempre, anche se momentaneamente è scollegato dal mondo esterno.
Non deve essere soggetto a canoni di manutenzione per funzionare e, soprattutto, è di proprietà di chi lo compra e se lo fa installare.
Però il sistema deve comunicare l’avvenuta presunta effrazione. La decisione viene fatta da chi lo acquista.
Può scegliere di essere lui il diretto responsabile a ricevere gli allarmi o può scegliere istituti di vigilanza in grado di vendere questo servizio.
La scelta deve essere svincolata dall’impianto che deve essere fatto in modo di poter modificare il ricevente finale degli allarmi.
Chiaramente più sono alti i valori da proteggere, maggiore deve essere lo studio della giusta trasmissione degli allarmi.
Un altro fattore è importante: come per l’acquisto di un auto devi prevedere le spese anche dei tagliandi di controllo, anche per l’impianto antintrusione devi prevedere un controllo almeno annuale.
Controllo batterie, funzionamento sensori, controllo trasmissione allarmi, ecc.
Se acquisti un impianto indipendente puoi scegliere se cambiare l’installatore per mancanza di fiducia o lentezza dei servizi. Informati primo dell’acquisto e fatti consegnare tutti i codici del tuo sistema per poter essere completamente svincolato.

Rimani sempre aperto a varie possibilità..

Se acquisti un impianto intrusione indipendente, sei libero di scegliere con chi collegarlo.
Hai la possibilità, se non contento, di cambiare con altri fornitori del servizio.
Attento anche ai servizi di vigilanza che ti garantiscono la gestione degli allarmi ricevuti dal tuo sistema: esiste una certificazione per gli istituti di vigilanza che è la UNI10891.
Se devi scegliere, scegli almeno un istituto certificato, sinonimo di affidabilità.

Wireless o cablato? Quale antifurto è meglio?

Wireless o cablato? Quale antifurto è meglio?
Sono due grandi domande che chi affronta l’acquisto di un sistema antifurto deve porsi.
La risposta più scontata è: DIPENDE.
Vediamo il perché, analizzando i vantaggi e pregi di queste tecnologie.

Wireless ( o via radio o senza fili)

Vantaggi:
* facile e rapido da installare perché non richiede l’installazione di cavi e canaline verso i rivelatori
* miglior impatto visivo che risulta meno invadente sempre per il motivo sopra indicato
* economico nell’installazione perché non richiede la stesura di molti cavi
Svantaggi:
* rivelatori meno performanti e specialistici per risparmio consumo della batteria
* per ampliamento si è legati ad una marca, la stessa della centrale
* sostituzione periodica delle batterie che varia da sensore a sensore a secondo dell’utilizzo
* campo limitato di utilizzo a seconda anche dello spessore e tipologia dei muri.
* possibilità di influenza di campi magnetici esteri mirati (jamming)

Cablato
La linea bilanciata

Vantaggi:
* installazione più complessa e articolata perché richiede la stesura di cavi
* il montaggio di canaline può essere vistoso e poco gradevoli (se non esiste predisposizione impianto con tubi corrugati interni a muro)
* esente da problemi di jamming
* Possibilità di variare con sensori di diverse marche e al top delle diverse tecnologie
Svantaggi:
* possibilità di svariare con diverse marche con il top delle tecnologie
* meno batterie da sostituire
* in caso di guasto batteria non perdi l’uso di alcun rivelatore (se rimane l’alimentazione primaria a 220Vac)
* se non installato bene, possibilità di oscurare l’impianto con l’intercettazione dei cavi, se non si utilizzano tecnologia via bus
* costo più elevato, soprattutto per installazione
* installazione più lunga

Conclusione

Esaminando questi punti bisogna si potrebbe arrivare a delle conclusioni
Per impianti tipici da appartamenti medio piccoli è meglio utilizzare un wireless (impatto visivo, semplicità)
Per gli impianti medio grossi o a protezione di alti valori economici è meglio affidarsi al cablato e soprattutto con l’installazione eseguita da professionisti.

Esistono anche impianti ibridi (una parte wireless e una parte cablata) per la risoluzione di diverse problematiche, ma anche qui è meglio affidarsi a chi installa per professione.

La volpe, se non arriva all’uva, dice che è acerba ( o marcia)

Lo sappiamo tutti: la volpe, se non arriva all’uva, dice che è acerba.
Poi io mi son permesso di aggiungere marcia.
Ma cosa c’entra con il mondo della sicurezza, della rivelazione fumi o dell’antintrusione?

Le volpi…

Da anni io installo e faccio manutenzione alle stesse marche di prodotto. Mi sono trovato bene, penso di conoscere a fondo il prodotto, ne conosco limiti a capacità.
Ho fatto corsi di aggiornamento dalla casa costruttrice e ho ricevuto attestati di frequentazione.
Mi capita però delle volte di essere chiamato dal cliente, che si lamenta del materiale illustrato perché sempre guasto e malfunzionante, che è un prodotto scarso e non vede l’ora di sostituirlo, o integralmente o pezzo per pezzo.
Approfondendo la discussione, capisco che questa lamentela nasce soprattutto dalla sua fedele ditta manutentrice.
Chiedo gentilmente di farmi vedere i problemi e mi accorgo che sono problemi nati dalla scarsa conoscenza del prodotto: allora preferiscono cambiarlo ed installare un prodotto a loro conosciuto.
Ritengo questa cosa un comportamento altamente scorretto, al limite della legalità.

Ignoranza o furbizia sleale?

Possiamo pensare principalmente ad ignoranza sul prodotto: non lo conosco, per me è rotto, lo cambio con qualcosa di mia conoscenza che gestisco.
In questo caso, posso accettarlo.
Ma purtroppo conosco casi che questo modo di lavorare viene utilizzato spesso, con lo scopo di integrare i costi di un servizio di manutenzione preso a prezzi stracciati. Più vendi più guadagni e una minima scusa è valida per fare grana.
Mi sono capitati casi di:
Alimentatori sostituiti perché le batterie erano guaste. (e non per perdite di acido)
ASD sostituiti per segnalazione del filtro sporco (cambia il filtro e non il dispositivo)
Rivelatori di fumo sostituiti quando andavano solo puliti (o tarati ad una sensibilità più bassa adeguata al luogo dove si trovavano). Magari cambiando tecnologia fregandosene della variazione sul progetto iniziale.
Queste manovre vanno poi ad alterare un impianto con installazioni precarie e orribili da vedere.
Esistono casi poi che il cliente aveva installato del materiale di ottima qualità e performance, e si ritrova con materiale scadente e magari, limitato nel funzionamento e sicurezza.
Ma il massimo è essere chiamati per disperazione dal cliente perché, nonostante il massacro dell’impianto, la ditta volpe non aveva risolto il problema. E vedere che rimontando i pezzi sostituiti, sostituendo i componenti esausti e ricalibrati, l’impianto riprende il normale funzionamento.
Tutti voi vi immaginate un lieto fine col cliente che ti affida la manutenzione.
E invece no!!!!
Continua con la sua vecchia ditta manutentrice.
Cornuto e felice.

Cerberus CS12 Intruder detection system

La linea Cerberus CS12 con centrale CZ12 e relativo pannello CF12-01 era una centrale antintrusione indirizzabile in auge negli anni 80 – 90.
Venne sostituita dalla linea CS4 a metà degli anni 90.
Poteva gestire fino a 64 dispositivi con moduli sulla linea bus chiamati ADI-1 (i più vecchi),ADI-A e ADI-M.

Il pannello di gestione CT12-01 (anche esso montabile a distanza dalla centrale su bus dedicato) aveva il nome dei sensori modificabile tramite la modifica della eprom che gestiva il firmware del pannello.
In quei anni andava di gran modo gestire i diversi firmware tramite la sostituzione delle eprom

Ecco la scheda rele della centrale K5G030

Purtroppo sono riuscito a rintracciare pochi pezzi di questa centrale

IR10 Volumetrico ad infrarosso Cerberus (Alarmcom IP315)

Il rivelatore volumetrico ad infrarosso Cerberus IR10 (o AlarmCom IP 350) è di fabbricazione anni 80 – 90.
Molto sensibile ed esente da falsi allarmi aveva varie particolarità.
Una delle peggiori era la dimensione: chiedeva uno spazio di circa 15 cm per 10.
Il tutto per coprire la fantastica lente concentratrice dei segnali infrarossi che riceveva dal campo

Adesso non si vede più una tecnologia simile, sostituita da lenti fresnel più economiche.
Aveva dei comandi difficilmente trovabile su quelli di oggi come la posizione di impianto disinserito, che spegneva completamente il LED di allarme. (forse presente in quelli via bus). O anche il comando di comando per il 40% di sensibilità:
Notare la chiave di fissaggio della lente. Infatti questa poteva ruotare in basso e ai lati per permettere un migliore orientamento:
Tipico i collegamenti a morsetti a pressione e incastro scheda estraibile. In caso di guasto, si sostituiva solo la parte interna.
Ottimo apparato sostituiva IR71 più economico e meno performante.

Negli anni 80 – 90 gli stessi rivelatori venivano commercializzati da de ditte differenti: una per l’installazione dei sistemi direttamente dai tecnici Cerberus e un’altra per gli installatori esterni (AlarmCom).
Cambiava solo nome e ditta fornitrice.

BUAVI – SharpView

SharpView è una innovativa piattaforma software che somma le funzioni di un vero sistema perimetrale antintrusione e un sistema TVCC deeplearning.

Grazie all’ausilio di sensori MICROONDA RADAR 24Ghz /60Ghz  siamo in grado di geolocalizzare su una mappa eventuali target che si muovono all’interno dell’ambiente protetto,

i quali vengono in tempo reale tracciati da una telecamera PTZ e classificati dalla stessa mediante algoritmi di intelligenza artificiale.

Sulla mappa è possibile stabilire una o più aree di allarme di conseguenza un evento di allarme avviene se si verificano tre condizioni:

  • Movimento certo individuato dal RADAR.
  • Classificazione del target mediante intelligenza artificiale.
  • Geolocalizzazione del target su mappa all’interno di una zona di allarme.

creare upgrade di impianti esistenti, dotandoli della nostra intelligenza artificiale e geolocalizzazione del target.

Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono residenti sul nostro server, pertanto il sistema è compatibile con qualsiasi telecamera ONVIF e spesso utilizzato anche per 

Con questo sistema si ottengono risultati eccellenti  a costi simili o inferiori  ai  sistemi  di protezione perimetrale tradizionali, con un tempo di installazione drasticamente ridotto.

Oltre alla sicurezza perimetrale  SharpView  ha altri particolari campi di applicazione  come  la rilevazione di INCENDI BOSCHIVI e la rilevazione di DRONI in volo.

In Italia commercializzato da DUEVI – Via Bard, 12/A – 10142 Torino (ITALY)

RS 485: connessione seriale standard

Appena si vuole ampliare la centrale antifurto o di sicurezza , si collegano interfacce col cosiddetto BUS di comunicazione. Non solo: anche le tastiere, le sirene, gli inseritori vengono collegati tutti in questo bus formato tipicamente da 4 fili: due dati e due di alimentazione.
Questo tipo di connessione è tipicamente una connessione RS 485, o una leggera variante customizzata dalle varie ditte.
Più precisamente una EIA RS 485 Half duplex.
Conoscendo le caratteristiche principali, i pregi e i problemi che possono sorgere per una errata installazione, si possono risolvere

molti problemi.
Attraverso questo bus passano molte informazioni del sistema e se il collegamento è perfetto e senza disturbi, tutti i pacchetti arrivano perfettamente a destinazione senza creare guasti o falsi allarmi.
Per vedere se il bus della tua centrale è un RS485, se non dichiarato dalla casa costruttrice, lo puoi riconoscere dalla presenza tipica di questo integrato (MAX 485) o similare. I vecchi impianti li montavano su zoccolo perché fragili, dovendo filtrare tutto quello che arrivava dal campo ed era più facile sostituirli.
Il concetto di comunicazione è semplice: la differenza tra la tensione presente sui due fili costituisce il dato in transito. Una polarità indica un livello logico 1, quella inversa indica il livello logico 0. La differenza di potenziale deve essere di almeno 0,2 V per un’operazione valida, ma qualsiasi tensione compresa tra +12 V e −7 V permette il corretto funzionamento del ricevitore.

PREGI

– Lunghezza del bus: arriva a fare fino a 1200 metri e può essere aumentata attraverso dei repeater.
– Semplicità di collegamento: 2 fili con terra (non obbligatoria ma permette di filtrare i disturbi da correnti indotte

PARTICOLARITA’ DA RISPETTARE

– Per avere la massima lunghezza deve essere lineare; il cosidetto “entra e esci”. In caso obbligato di una configurazione a stella, viene ridotta notevolmente la lungheza di azione (dimezzata se no di più)
– Per avere il miglior trasferimento di energia, deve essere bilanciata l’inizio e la fine con una resistenza tipicamente di 120 ohm. L’inizio non deve essere obbligatoriamente in centrale: si può partire con due rami distinti e in fondo mettere la resistenza. Solitamente queste resistenze sono integrate con le interfaccie di comunicazione: un dipswitch permette di inserirla o escluderla a seconda della posizione del bus
– Ogni interfaccia (o Device) deve avere una numerazione per distiguerla dalle altre. Il master (che di solito è la centrale) indirizza la comunicazione attraverso un numero per specificare che deve ricevere il messaggio o riceve un segnale con un numero che identifica il device di provenienza. La numerazione può essere definita manualmente agendo su dipswitch o rotori montati sul device (de definire precedentemente su carta), oppure la casa costruttrice battezza un numero sequenziale univoco ed ogni device ha un numero diverso dagli altri. Esiste un terzo sitema che è l’autonumerazione sequenziale, ma ultimamente è poco utilizzato. ATTENZIONE: un numero doppio sulla linea crea problemi e malfunzionamenti. Bisogna stare attenti, soprattutto con i modelli a settaggio manuale.
– Schermatura. Anche se non obbligatoria, è fortemente consigliata per lunghi tratti o passaggi attraverso locali con forti campi magnetici. Non fare l’errore del cosidetto anello di massa. Le schermature devono essere sempre con un collegamento lineare o stub, mai a loop
– Pulizia del segnale. Trattasi di un segnale che per essere “leggibile” deve essere il più pulito possibile. Se si hanno lunghe tratte di cavi, controllare se i valori resistivi e capacitativi sono dentro i termini di funzionamento indicato dalle case costruttrici. Per aumentare la sezione, non utilizzate il raddoppio del cavo: così facendo si cala il valore resistivo ma si aumenta notevolmente quello capacitativo.

CONCLUSIONE

Questi dettagli sono utili soprattutto con i nuovi sistemi che hanno collegati su questo bus dei dispositivi sempre più complessi e che hanno bisogno di più informazioni. Per fare ciò, è aumentata la velocità di dialogo tra device, richiedendo una maggior pulizia dei dati

Per correttezza esiste anche il collegamento Full-Duplex, a quattro fili, ma raramente utilizzato nel campo della sicurezza

Protocolli di comunicazione per centralizzazione allarmi (SCADA, DCS, BMS)

Per coprire la forte richiesta di comunicazione fra i vari impianti e postazioni di lavoro e gestioni delle segnalazione di allarmi e guasti, sono stati elaborati vari protocolli di comunicazione standard con i quali i vari dispositivi comunicano, anche se appartenenti ad ambienti e case costruttrici diversi.

LonWorks – (Lon Talk):

Sviluppato dalla Echelon Corporation, permette facilmente di far comunicare i dispositivi utilizzando molti tipi di connessioni fisiche dal doppino fino a TCI/IP. Diventato standard internazionale ISO/IEC 14908. Utilizzato nella automazione degli edifici dall’antintrusione alla illuminazione, passando per il condizionamento e riscaldamento. Nata negli anni 80, ha vari punti a suo favore, dal collegamento tipico su doppino non polarizzato molto economico alle alte possibilità di comunicazione

ModBus

Creato dalla Modicon (ora gruppo Schneider Electric), è un protocollo nato inizialmente per la comunicazione dei PLC su due tipi diconnessione: seriale su RS485 o RS232 e ethernet). Poi esteso a molteplici tipi di dispositivi
Ad ogni dispositivo viene assegnato un indirizzo unico e questa potrà comunicare con un indirizzo preso come master. Tutti i pacchetti di comunicazione hanno informazioni di controllo per assicurare l’esattezza del messaggio

Bacnet:

BACnet è un protocollo di comunicazione per reti di Building Automation and Control (BAC) che sfruttano il protocollo standard ASHRAE, ANSI e ISO 16484-5. Protocollo di interscambio dati “aperto”, senza alcun proprietario né diritto di utilizzo particolarmente impiegato nelle applicazione di regolazione e controllo degli impianti meccanici di riscaldamento, condizionamento e trattamento aria.

ONVIF (Open Network Video Interface Forum)

Protocollo di comunicazione standard per quanto riguarda il campo del TVCC digitale e il controllo accessi. Nata nel 2008 da Axis Communications, Bosch Security Systems e Sony Corporation, con l’obiettivo di accelerare l’adozione della tecnologia IP mediante la diffusione di uno standard globale e indipendente per le interfacce di rete.
Idea geniale perché rapidamente hanno aderito in poco tempo più di 40 ditte produttrici quali ASSA Abloy, Canon, Cisco, Dahua Technology, Hanwha Techwin (già Samsung Techwin), Hikvision, Panasonic, Pelco by Schneider Electric, Sunell, LG, Milestone.

CEI-ABI:

Protocollo nato nel 1979 per richiesta di ABI (Associazione Bancaria Italiana) che richiese ai principali fornitori di progettare un protocollo pubblico bi-direzionale e protetto.
Questo permette di gestire gli allarmi con un unico sistema di gestione pur comunicando con impianti di diverse marche

KNX –

Protocollo di comunicazione standard (EN50090 – EN13321-1 – ISO/IEC 14543). Uno dei punti di forza del sistema KNX, è che qualsiasi prodotto etichettato con questo marchio non è una semplice dichiarazione del produttore, ma si basa su prove di conformità effettuate dai laboratori di KNX. Durante questi test, si verifica non solo che il dispositivo supporti il protocollo KNX, ma che i suoi dati utili siano codificati secondo i tipi di dati standardizzati KNX. Ciò permette di realizzare impianti funzionanti anche mediante la combinazione di dispositivi di produttori diversi.

OPCserver

Nel 1995 alcune aziende (Fisher-Rosemount, Rockwell Software, Opto 22, Intellution, and Intuitive Technology) crearono un gruppo di lavoro per definire uno standard di interoperabilità tra prodotti dedicati all’automazione industriale.
Basato sul concetto di client-server, questo permette ai sistemi di supervisione di comunicare con i dispositivi in campo con un definito protocollo di comunicazione, garantito dalla fondazione che sorveglia e definisce lo standard ( OPC Foundation).
Le ditte che aderiscono devono seguire e rendere pubblico questo protocollo.
Le specifiche OPC si basano sulle tecnologie di Microsoft Windows: OLE, COM e DCOM.

DNP3 (Distributed Network Protocol):
DNP3 è un insieme di protocolli di comunicazione specificamente progettato per l’automazione di sistemi di controllo distribuiti, come quelli utilizzati nei settori dell’energia e delle utilities. DNP3 offre funzionalità avanzate per la comunicazione affidabile tra dispositivi SCADA, come il recupero automatico in caso di interruzioni di comunicazione e la gestione di grandi volumi di dati. È progettato per supportare reti di comunicazione eterogenee e può essere utilizzato sia su reti seriali che su reti basate su IP.

PROFIBUS:

è un protocollo di comunicazione utilizzato principalmente nell’automazione industriale. Esistono due varianti principali di PROFIBUS: PROFIBUS-DP (Decentralized Periphery) e PROFIBUS-PA (Process Automation). PROFIBUS-DP viene utilizzato per la comunicazione ad alta velocità tra dispositivi di campo e unità di controllo, mentre PROFIBUS-PA è progettato specificamente per l’automazione dei processi e supporta la comunicazione in ambienti intrinsecamente sicuri.

IEC 60870-5,

uno standard utilizzato sul mercato europeo per la trasmissione di dati tra diversi sistemi SCADA.

Per finire esistono protocolli di comunicazioni elaborati da grosse ditte costruttrici come Siemens, Omron, Mitsubishi, ecc

La linea bilanciata (singolo, doppio o triplo)

La linea bilanciata (singolo bilanciamento, doppio bilanciamento, triplo bilanciamento) è spesso usata nella sicurezza, e non solo nell’antintrusione.
Questa permette di proteggere la linea da eventuali tentativi di sabotaggio come cortocircuiti o tagli, creati involontariamente o volontariamente.
Nel caso di impianti antintrusione un cortocircuito e un taglio viene gestito dalla centrale come manomissione e negli impianti rivelazione incendi come guasti.

LA LINEA A SINGOLO, DOPPIO O TRIPLO BILANCIAMENTO NELL’ANTINTRUSIONE


Questo concetto permette un ottimo grado di sicurezza, con un basso costo, collegando delle resistenze di valore ohmico predeterminato sui contatti all’interno del dispositivo.
Anche se il grado di sicurezza può essere aumentato con i dispositivi direttamente su bus, questo sistema è difficilmente sabotabile.

Per avere un minimo di sicurezza, un collegamento DEVE essere fatto almeno con una linea a singolo bilanciamento, altrimenti è facilmente oscurabile e facilmente si può eludere.
Inoltre le resistenze DEVONO essere montate al termine della linea e non in uscita, per garantire il massimo della sicurezza.

Il concetto è semplice: una o più resistenze vengono collegate in serie al filo di ritorno del contatto normalmente chiuso del sensore per il singolo bilanciamento e una in parallelo al contatto di allarme per il doppio bilanciamento.
Questi diversi carichi resistivi a secondo dei casi di allarme, stato normale e sabotaggio (cortocircuito o taglio) vengono poi gestiti dal sistema di sicurezza.
Mettendo in serie più resistenze collegate ai morsetti del sensore, posso comunicare alla centrale più informazioni (allarme, anti-mask), pur mantenendo l’intoccabilità dei cavi senza provocare allarmi.

Abbiamo cosi una scala di valori resistivi (vedi disegno) entro i quali la centrale identifica uno stato dell’ingresso.
Per essere precisi, esistono anche delle piccole zone indefinite (grey zone), vicino alla zona di passaggio e dovute alla tolleranza delle resistenze, dove la centrale non riesce a definire esattamente lo stato della linea.
Questo particolare può essere interessante, soprattutto per linee lunghe, dove la resistenza del cavo si va aggiungere al valore resistivo totale. Poi, sommato ad ossidazioni di giunte mal fatte, può essere fonte di falsi allarmi (soprattutto per valori di resistenza di bilanciamento bassi o per la messa in serie di più rivelatori)
Se poi ampliamo i nostri orizzonti, anche le linee convenzionali antincendio non sono altro che linee bilanciate. Qui, in caso di allarme, si aggiunge un carico in parallelo. Troppi rivelatori in allarme, potrebbero mandare in guasto la linea senza generare allarme. I nuovi rivelatori sopperiscono a questo problema, sostituendo la resistenza di allarme con un diodo zener e il fine linea (EOL) con un tranzorb.

LA LINEA A SINGOLO, DOPPIO BILANCIAMENTO NELLA RIVELAZIONE FUMI E SPEGNIMENTO

Anche nella rivelazione fumi esistono le linee bilanciate sia come ingresso che come uscite oltre alle comuni linea di rivelazione collettive che ho citato sopra.
Gli ingressi bilanciati (utilizzati come informazioni libere nelle centrali rivelazione fumi, come ad esempio guasti alimentatore o PTF chiusa) si basano sui concetti prima illustrati, aggiungendo la possibilità di variare il valore resistivo mettendo resistenza anche in parallelo e non solo in serie.
Esempio di Ingresso bilanciato riv_fumi

Nella rivelazione fumi troviamo molto spesso anche le uscite bilanciate con resistenze o, meglio ancora monitorate.
Servono per supervisionare il collegamento con le attuazioni ed avere una segnalazione di guasto in caso di interruzione.
La UNI9795 obbliga in certi casi che l’uscita sia monitorata.
Tipicamente esistono due tipi di uscita: con linea di alimentazione diretta oppure invertita. La prima consiste nel controllare la presenza del carico con una leggera tensione (sotto 3 volt), tale da non fare scattare l’attuazione: in caso di allarme la tensione passa a 24 V.
Questa è spessa utilizzata per il controllo delle elettrovalvole delle bombole di spegnimento. Molto sicura perché non ammette possibilità di non funzionare in caso di interruzioni o guasti di componenti
Esempio di una Uscita monitorata ad inversione di tensione

Il secondo tipo prevede una tensione di monitoraggio più alta ma con polarità invertita: un diodo non permette all’attuazione di scattare. In caso di allarme, viene invertita la tensione e il diodo conduce. L’ unico problema è che in caso di rottura o scollegamento del diodo, non si ha alcuna segnalazione e il dispositivo è scollegato.
Esempio di una uscita monitorata con controllo resistivo

Comincia l’avventura

Oggi 26 agosto 2023
dalla esperienza del gruppo Facebook
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Allarmistiperpassione.altervista.org
Scuoladiladri.altervista.org

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