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Museo, roba vecchia che ha fatto storia o no.

TVCC: in continua evoluzione

Il mondo del tvcc è un mercato in continua evoluzione. Negli anni 70 gli impianti erano completamente diversi da quelli di adesso e mai si sarebbe pensato ad una evoluzione del genere.
Innanzitutto era un mercato di élite, per pochi visto i costi delle apparecchiature e della manutenzione.
Le prime telecamere, se non erano cineprese a pellicola 8 mm azionata in caso di necessità, erano a tubo vidicon e newicon

.


Poche erano le marche esistenti e il mercato era tipicamente bancario.
Avevano prezzi folli e periodicamente andava cambiato il tubo che si esauriva.
Anche i monitor andava cambiati spesso soprattutto per evitare l’effetto memoria: il tubo catodico riproducendo la stessa immagine si “incideva” e al passaggio di una persona sembrava un fantasma.
Poi c’era il problema di sincronizzare le immagini, altrimenti al passaggio da una telecamera all’altra aveva lo scrolling dell’immagine con una barra nera sullo schermo.
Questa alterava soprattutto la videoregistrazione. A quei tempi esistevano videoregistratori Time Lapse, ovvero che registavano fotogramma per fotogramma dilaniato nel tempo, permettendo con una cassetta VHS di arrivavare fino a 240 ore.
Altri sistemi tipo quello di marca Comerson, permettevono la videoregistrazione contemporanea in un cassetta VHS di parecchie telecamere, un fotogramma alla volta.
Poi, per visionarla, sistemi appositi ti facevano vedere solo la telecamere scelta, scartando le altre immagini e permettendo la visuale continua a un frame al secondo.
Poi dalle fine anni 90, ci fu una continua evoluzione. Dal tubo si passo al cmos e al CCD. Dai sistemi di videoregistrazione a nastro a sistemi digitali su hard-disk, redendo superfluo il sincronismo. La trasmissione delle immagini passo dl videolento che andava al massimo a 56k su linea telefonica (un frame a bassa risoluzione ogni 5 minuti) alla ISDN per poi passare su Internet che attualmente, visto i sistemi di compressione video (H.264), sono in tempo reale.
Poi, nel 1996, ci fu una rivoluzione.

La ditta Axis ebbe la pazza idea di costruire la prima telecamere di rete del mondo.
Da qui si apri un mondo nuovo. Si passo da una immagine con definizione irrisoria di un centinaio di punti per riga fino ad immagini da 8 -10 Megapixel. Una definizione notevolemnete maggiore delle 500 linee che ti permetteva la telecamere analogica. Poi essendo già in formato digitale, permetteva una più veloce compressione del flusso video e una rapida videoregistrazione nei sitemi digitali.
E permetteva anche di accettare movimenti delle dome, trasmissioni dell’audio, messa a fuoco e zoom. Tutto semplicemente via rete senza cavi aggiuntivi.
Non serve più alimentazione. Con dispositivi POE non occorre piu aggiungere il cavo di alimentazione. E neppure la rete!! Basta un sistema WI-FI
Così, nel giro di poco, il tecnico TVCC dovette trasformarsi da un esperto di ottica e elettronica in un esperto di reti, wireless, trasmissioni dati e informatico.
Attualmente sono riusciti a trasformare i sistemi analogici in HD: molto più semplice da installare e con una buona definizione ma non riesce ad arrivare ai livelli di evoluzione delle telecamere IP.
Gli ultimi studi hanno evoluto la elaborazione delle immagini fino ai primi dati che escono da CCD: viene modificato fino ad ottenere immagini con alta definizione con poca luce oppure una precisione nei controluce incredibile. Meglio che l’occhio umano.

DUR413: doppia tecnologia infrarossi – ultrasuoni

Rivelatore volumetrico DUR413: doppia tecnologia a infrarossi e ultrasuoni.
La caratteristica del sensore è l’utilizzo della tecnologia degli ultrasuoni.
Sviluppata negli anni 90 a risposta della suddetta pericolosità delle micronde, utilizza sempre il principio dell’effetto doppler per il funzionamento.
Avevo un campo ridotto a 7-8 metri di azione.
Dichiarava una elaborazione tra segnale da infrarosso e segnale da ultrasuono tramite parametri memorizzati che permettevano di discriminare falsi allarmi senza discriminare la sensibilità.
era di più di una semplice doppia tecnologia che segnala allarme se entrambe le tecnologie sono in attivo.
Aveva anche il sistema antimascheramento tramite due led messi perpendicolari alla lente di ricezione infrarossi.
Altro particolare era la lente sfaccettata di colore nero, intercambiabile per trasformare il rivelatore in su sensore tenda

MZ2424 : Primi sistemi a campionamento aria

MZ2424 : Primi sistemi a campionamento aria

Negli anni 90 uscirono i primi sistemi di rivelazione fumi a campionamento aria.
La Cerberus Guinard mise in commercio questa centralina chiamata MZ2424: aveva tubi portanti da 32 a 40 millimetri di diametro bucherellati a distanza tale da coprire la stanza come fossero dei rivelatori puntiformi.
La ventola aspirava l’aria e questa veniva fatta passare attraverso i rivelatori ottici collegati sotto una centrale di rivelazione incendi ( in questo caso la CZ10)
Già a quei tempi, l’elettronica controllava attraverso dei sensori di flusso posizionati alla fine del tubo che  il flusso rimanesse costante: un otturamento dei tubi o una rottura del tubo veniva prontamente segnalato alla centrale rivelazione incendio tramite degli ingressi appositi presenti nella base del rivelatore.

La regolazione veniva eseguita agendo sui dei trimmer e utilizzando il voltmetro sui puntali rossi-neri visibili in foto. Chiaramente la regolazione variava a secondo della quantità di fori fatti e dalla lunghezza del tubo.

Esisteva già allora la tecnologia a raggio laser ma con costi proibitivi. Provato e comparato alla rilevazione con i tradizionali rivelatori puntiformi, i tempi di risposta erano notevolmente minori rispetto alla rivelazione tradizionale.

La ventola era sovradimensionata rispetto quella di oggi e funzionante con alimentazione a 220 Vac. L’aspirazione era talmente forte che per togliere il coperchio dove erano contenuti i rivelatori, bisognava togliere tensione e fermare la ventilazione.

Già allora esistevano particolari kit per il filtraggio dell’aria e scatole con altri rivelatori per individuare il ramo dove proveniva il fumo. Praticamente avevano già tutto quello che hanno i rivelatori di campionamento di oggi. Chiaramente oggi la tecnologia laser si è abbassata di prezzo e le dimensioni sono notevolmente diminuite. Certamente quelle di una volta non avevano problemi di tempi di trasporto: con la potenza di aspirazione di quelle ventole non raggiungeva tempi superiori ai 30 secondi.

La centrale veviva già fornita di tutto il cablaggio interno (fili blu in foto). Mancavano solo i rivelatori.

Erano macchine grossolane e sperimentali. Sicuramente non sarebbero passate alla certificazione EN54.
Erano le precursori di una tecnologia nata negli anni 80 e che si sarebbe sviluppata nei successivi anni fino ad oggi.

Cerberus R930: Rivelatore di fumo (smoke detector)

Rivelatore di fumo analogico R930 (smoke detector)
Tipo: analogico indirizzabile
Fabbricazione: circa anno 1995
Ditta fabbricatrice: Cerberus (in seguito assorbita dalla Siemens intorno al 2000)
Compatibile con le basi Z90MI – Centrali serie CS10 – Cerberus
Certificazioni: EN54-7     LPC    Vds   FM
Particolarità: Primo tentativo per Cerberus di sensore analogico. Controllava la sua efficienza e, se non rientrava nei parametri, comunicava un guasto alla centrale. Fino a 50 rivelatori su linea a due fili.
Identico come forma al R936 più economico ma non analogico.


Cerberus A2400: una delle prime barriere di rivelazione incendi (Linear Smoke Detector)

A2400. Coppia ricevitore – trasmettitore
A2400 interno con morsettiera

A2400 Linear Smoke detector

Una delle prime barriere di rivelazione incendi è stata sicuramente la A2400 della Cerberus. Presente sul mercato già negli anni 80, il kit era composto da un ricevitore ed un trasmettitore. La copertura era di 100 metri ed esisteva già il dispositivo catarifrangente per permettere l’installazione dei collegamenti e fili solo da un lato della parete: chiaramente la portata era dimezzata a 50 metri. Studiata per essere installata sopra ad una centrale con linee convenzionali, prendeva alimentazione direttamente dalla linea. La linea alimentava sia il trasmettitore sia il ricevitore, riconoscibile ad occhi esperti dal led indicatore dello stato di allarme.
Come potete vedere, era con struttura il metallo, lente in vetro e struttura dimessa a fuoco in bachelite. Si poteva settare la potenza del trasmettitore e ricevitore con ponticelli per adeguare la barriera alla distanza.
Particolare da notare era la presenza del contatto di tamper, ora non più presente nelle barriere rivelazioni incendio. La motivazione è perchè con lo stesso progetto veniva prodotta anche la barriera antintrusione dove il tamper è obbligatorio. Aveva già le taratura di sensibilità a secondo della distanza di copertura, modificabile tramite ponticello fatto con un filo.
La taratura ottica veniva effettuata tramite mirino ottico visibile tramite un forellino vicino alla lente. Li si doveva centrare il rispettivo sull’altra parete. Se ciò non bastava si agiva  modificando i tappi di fissaggio nel retro che permettevano una leggera inclinazione. Poi per facilitare il tutto esisteva il dispositivo di taratura chiamate LEA1: una enorme lampada con 4 viti di fissaggio identiche a quelle del coperchio. Si fissava dall’atra parte e si iniziava a far lampeggiare permettendo di centrare il raggio dall’altra parte. Per eseguire la taratura si faceva un contunuo su e giù per le scale: Aveva anche un trimmer che si vedeva dal foro per la taratura elettrica del dispositivo. Dal terminale 5 col il tester bisognava ottenere una determinata tensione.

A2400 Coperchio con LED

Molto approssimativo era il LED fissato sul coperchio del ricevitore per indicare lo stato di allarme del sensore. Collegato con due fili alla morsettiera permetteva la sosituzione in caso di rottura di rottura (era un comune diodo LED con tanto di resistenza di riduzione tensione. Praticamente indistruttibili, ancora oggi se ne possono trovare in giro funzionanti

Sirena da esterno che ha fatto la storia (security siren)

Sicuramente una sirena da esterno che ha fatto la storia è questo modello anni 80 (se non prima) della Chub Alarm.
Negli anni 70-80 erano poche le marche presenti nel mercato italiano e le banche che volevano il meglio si affidava a questo marchio:
Un sistema sicuro, persino nella sirena.
Oltre la forma triangolare particolare e il colore celestone inconfondibile, aveva concezioni antivandalistica ormai non più trovabili.
Era composta da due parti metalliche triangolare sovrapposte, tenute a distanza tra di loro di qualche millimetro ma isolate fra di loro. Ogni tentativo di perforamento o manomissione faceva un cortocircuito fra le carcasse provocando l’allarme sonoro.
Inoltre le carcasse erano tenute chiuse da una vite centrale multigiro lunghissima Che permetteva l’apertura solo all’ultimo giro. In compenso il primo giro agiva sul micro del tamper facendo iniziare a suonare la soneria. Nessun tecnico si osava di aprirla senza l’uso di cuffie protettive, anche se aveva aveva disattivato tutti i tamper possibili.
Come tutte le sirene, possedeva già una batteria che manteneva l’alimentazione anche col taglio dei fii.
Oramai non se ne vedono più, anche perchè la Chub è stata assorbita col corso degli anni da altre ditte. Però si vedono le sue figlie create dalla ditta Guardall, ancora oggi sul mercato.
E soprattutto è stato mantenuto il colore con aggiunta della parte lampeggiante.

Estrattore rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70 (smoke detector extractor)

Ecco uno dei primi estrattore di rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70. Uno dei problemi tipico degli impianti antincendio è come sostituire tutti i rivelatori, soprattutto se posti a parecchi metri da terra.
Invece di utilizzare la scala, Cerberus aveva ideato un dispositivo per montare e smontare i rivelatori in altezza con l’aiuto di una asta isolata per evitare eventuali folgarazioni in presenza di cavi elettrici scoperti.
Considerando poi che la serie FES5B, oltre che a essere molto radioattiva, aveva un’alimentazione a 220 Volt in corrente continua, l’asta di garantiva un grado di sicurezza in più:


Erano vere opere di ingegnieria meccanica. Lo sgancio avveniva premendo il rivelatore contro lo zoccolo che rallentava la tenuta di tre dentini metallici posti nella parte svasata dell’estrattore

Il rivelatore era ad infilaggio diretto e non occorreva ruotarlo per fissarlo. Per toglierlo si scaricava la molla e i dentini permettevano di stringere il rivelatore e di smontarlo.
Con l’asta sono personalmente riuscita a sfilare e rimontare rivelatori fino a 7 metri di altezza senza utilizzo di scale (solo un leggero male al collo a forza di stare a testa in su).


Anche per le serie successive, venne sempre studiato un dispositivo per smontare e montare rivelatori in altezza. Addirittura comparvero dei adattatori per zoccoli per adattare le vecchi basi ai nuovi rivelatori

Kit di materiale di ricambio in dotazione centrali SFB

Kit lampade e fusibili SFB
Kit lampade e fusibili SFB

Se adesso acquisti una centrale antincendio e sei un tipo fortunato ti ritrovi un pezzo di gommapiuma adesiva con due o tre fusibili. E’ il kit di materiale di ricambio che puoi contare al massimo. Anni fa non era così, forse anche perché le centrali avevano vari componenti facilmente deteriorabili. Aprendo la vecchia SFB della Cerberus ti trovavi una scatolina verde, con all’interno vari parti di ricambio
Oltre ai classici fusibili di cui avevi una ampia scorta e scelta di valore, avevi la parte dedicata alla lampadine.
I led ancora non c’erano e le lampadine, perennemente accese, facilmente si bruciavano

Interno Kit lampade e fusibili SFB
Notare che le lampadine erano del tipo speciale a doppio filamento, di diversa intensità. C’era quello illuminante, facilmente deteriorabile e quello sovradimensionato che si accendeva appena.
Era una maggiore sicurezza. Visto che l’accensione poteva indicare un guasto o ancor più un incendio, non poteva NON ACCENDERSI.
Se si bruciava il filamento illuminante, si riusciva a vedere lo stesso la segnalazione grazie alla leggera luce come una brace. Era compito del tecnico di manutenzione controllare che tutte le lampadine si accendessero, durante la visita di manutenzione.
Questo serve anche a spiegare la funzione assai insolita che c’è ancor oggi di test lampade. Coi led ormai non capita più che una spia non funzioni ma a quei tempi si.
Successivamente, con le altre centrali KB, create con l’esistenza dei transistor ma non ancora dei LED, sostituirono le lampadine con doppio filamento, assai costose perché particolari, con due lampadine accoppiate. Impossibile che si bruciassero tutte e due.
Tornando alla scatola, completava la fornitura, il cacciavite per fissare i rivelatori perchè non si filassero a causa di urti.

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