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Museo, roba vecchia che ha fatto storia o no.

Cerberus CS12 Intruder detection system

La linea Cerberus CS12 con centrale CZ12 e relativo pannello CF12-01 era una centrale antintrusione indirizzabile in auge negli anni 80 – 90.
Venne sostituita dalla linea CS4 a metà degli anni 90.
Poteva gestire fino a 64 dispositivi con moduli sulla linea bus chiamati ADI-1 (i più vecchi),ADI-A e ADI-M.

Il pannello di gestione CT12-01 (anche esso montabile a distanza dalla centrale su bus dedicato) aveva il nome dei sensori modificabile tramite la modifica della eprom che gestiva il firmware del pannello.
In quei anni andava di gran modo gestire i diversi firmware tramite la sostituzione delle eprom

Ecco la scheda rele della centrale K5G030

Purtroppo sono riuscito a rintracciare pochi pezzi di questa centrale

Cerberus CZ10: Centrale rivelazione incendi

Pannello CT10-03 della centrale Cerberus CZ10
Pannello CT10-03 della centrale Cerberus CZ10

La CZ10 è stata una centrale prodotta da Cerberus negli anni 80-90:
Poteva gestire sia le classiche linee collettive, sia le prime linee indirizzabili su 2 fili. (cavo consigliato era il cavo telefonico twistato senza schermatura, perché le interferenze venivano annullate dalla twistatura).
Il cavo su due fili permetteva l’alimentazione del device e il passaggio del dialogo di comunicazione.
Le ultime versioni riuscivano ad inglobare, nella massima configurazione fino a 24 loop indirizzabili e 72 linee collettive, o senza indirizzabile fino a 96 linee collettive.
La linea indirizzabile poteva gestire fino a 50 elementi in modalità stub , ma con l’aggiunta di una scheda le linee erano a loop. Ogni singolo device poteva essere disinserito e gestito singolarmente: cose ovvie al giorno d’oggi ma quasi fantascientifico per gli anni 80.
Il pannello CT10-03 è stata l’ultima evoluzione. Programmabile tramite computer (cosa fantascientifica per l’epoca), poteva personalizzare il testo per ogni singolo rivelatore.

Centrale CZ10 con pannello CT10-01

Scheda di gestione uscite E4L010

Questa è una foto di una delle prime centrali CZ10 equipaggiate col pannello CT10-00.
Le gestione delle zone veniva fatto direttamente con pulsanti montati sulle schede.
Per la programmazione personalizzata occorreva montare un pannello CT10-01 volante,

Nella foto vediamo le restanti versioni dei pannelli di gestione centrale.
A sinistra la versione CT10-04 e a destra la versione CT10-01.

Alimentatore di questa centrale era abbastanza robusto: facilmente sostituibile in caso di guasto. Notare la possibilità di scegliere se collegare a massa il positivo (tipico di Cerberus), il negativo o non collegarlo.

IR10 Volumetrico ad infrarosso Cerberus (Alarmcom IP315)

Il rivelatore volumetrico ad infrarosso Cerberus IR10 (o AlarmCom IP 350) è di fabbricazione anni 80 – 90.
Molto sensibile ed esente da falsi allarmi aveva varie particolarità.
Una delle peggiori era la dimensione: chiedeva uno spazio di circa 15 cm per 10.
Il tutto per coprire la fantastica lente concentratrice dei segnali infrarossi che riceveva dal campo

Adesso non si vede più una tecnologia simile, sostituita da lenti fresnel più economiche.
Aveva dei comandi difficilmente trovabile su quelli di oggi come la posizione di impianto disinserito, che spegneva completamente il LED di allarme. (forse presente in quelli via bus). O anche il comando di comando per il 40% di sensibilità:
Notare la chiave di fissaggio della lente. Infatti questa poteva ruotare in basso e ai lati per permettere un migliore orientamento:
Tipico i collegamenti a morsetti a pressione e incastro scheda estraibile. In caso di guasto, si sostituiva solo la parte interna.
Ottimo apparato sostituiva IR71 più economico e meno performante.

Negli anni 80 – 90 gli stessi rivelatori venivano commercializzati da de ditte differenti: una per l’installazione dei sistemi direttamente dai tecnici Cerberus e un’altra per gli installatori esterni (AlarmCom).
Cambiava solo nome e ditta fornitrice.

Cerberus. Rivelatori serie 9

Con la serie 9, la Cerberus esce col suo primo modello di rivelazione indirizzata.
Poco prima degli anni 90, la Cerberus era in grado di indirizzare 50 elementi di rivelazione su una linea a 2 fili schermati.
Permetteva di inserire rivelatori, pulsanti, moduli di ingresso e moduli di uscita. Con loop che poteva essere fino a 1000 m.
Le centrali compatibili erano della serie CS10.
La CZ10 poteva tenere fino a 24 linee indirizzate e volendo in versione loop con aggiunta di una scheda

La base in plastica porta rivelatore era identica per tutti: quello che variava era l’elettronica all’interno, di diversi colori a secondo delle caratteristiche che avevano
ZZ90D – collettivo
ZZ90I – Indirizzabile
ZZ90MI – Indirizzabile con possibilità di collegare sul stesso indirizzo vari rivelatori
ZZ90SI – Rivelatori da collegare a ZZ90MI

Possibilità di collegare i pulsanti AT50MI. Moduli ad 1 ingresso E90MI e moduli ad una uscita E90CI

CERBERUS R930

Col progredire della ricerca si arrivo al primo rivelatore analogico R930, che poteva comunicare se veniva superato il grado di sporcizia possibile

F910
F910 RIvelatore a doppia camera di ionizzazione

Poteva installare anche rivelatori a doppia camera di ionizzazione F910. Furono gli ultimi rivelatori radioattivi, dopo di che la Cerberus non ha più prodotto rivelatori a doppia camera di ionizzazione

MZ24 – centrale rivelazione incendio anni 70

Siamo negli anni 70 ed escono le prime centrale di rivelazione fumi a una zona per piccoli locali.

Presenti tre spie (normale funzionamento, guasto e allarme) e un pulsante di tacitazione.

Il coperchio dava accesso ad un altro pulsante che permetteva di resettare l’allarme.
Semplice ma praticamente indistruttibile!

Curiosa la presenza di circuiti fatti ancora come se fossero costruiti alla maniera semplice di una volta col nastrino

C’era una volta il combinatore telefonico

Fin dai primi sistemi di sicurezza, si sentiva l’esigenza di trasmettere a qualcuno gli allarmi avvenuti.

Oltre che la sirena esterna, il modo più semplice era appoggiarsi alla SIP sulla linea telefonica. Siamo negli anni 70 e compaiono i primi combinatori telefonici.
Quando scattava l’allarme, il dispositivo si accendeva, prendeva la linea telefonica, componeva un numero telefonico pre-impostato e trasmetteva un messaggio telefonico.
Era un piccolo mangianastri, tutto registrato in una nastro magnetico (nei primi, anche il numero telefonico era registrato con degli impulsi), con una cassetta senza fine, che permetteva al nastro di essere sempre pronto, senza riavvolgersi.
Poi ci fu una lenta trasformazione e successive migliorie con il progresso dell’elettronica: il numero era impostabile da tastiera e non era più uno solo, il controllo della linea telefonica che percepiva se era presente e se dall’altra parte avevano risposto alla chiamata. Vennero creati degli standard di comunicazione (es: Contact ID), che permetteva di identificarlo e centralizzarlo negli istituti di vigilanza.

I nastri magnetici divennero sempre più piccoli, fino a scomparire sostituiti dalla memoria elettronica e dai messaggi digitali, che permettevono di inviare più messaggi (allarme, guasto, impianto inserito, manomissione, ecc)

Prima grande evoluzione

Ma la grande rivoluzione la fece la linea telefonica cellulare. SI poteva inviare le chiamate senza linea telefonica, tramite il cellulare.

Uscirono i primi combinatori telefonici su rete cellulare. I primi erano dei dispositivi con un VERO E PROPRIO CELLULARE all’interno, collegato col cavetto di alimentazione e vivavoce per auto.
Il dispositivo non faceva altro che simulare un vivavoce di auto e trasformava il tutto in un combinatore telefonico.
Poi, con l’evoluzione del mercato,  uscendo integrati che gestivano la rete cellulare, il telefono scomparì per lasciare spazio all’inseritore della SIM.
Da lì il passo fu breve: possibilità di invio SMS, maggior controllo della SIM con controllo anche della ricarica con avviso di necessità soldi.
Divennero sempre più piccoli, fino ad essere integrati con la centrale antintrusione.

Seconda grande evoluzione

Poi, con la diffusione di internet, ci fù un ulteriore evoluzione. Possibilità di vedere immagini, di collegare e programmare le centrali in rete, di gestire da ogni punto gli allarmi. Reti virtuali e cloud per gestirli col minimo dei costi
Ma quasta evoluzione rischia di mandarlo definitivamente in pensione (o ad un particolare utilizzo in casi estremi). Al giorno d’oggi, che quasi tutti abbiamo la fibra in casa, conviene ancora installarlo per avere internet?

AD2-C11: a old ASD with two pipes

This product is marked Siemens, but is of Wagner construction.
He was prepared with two intake pipes that ended on two high sensitivity smoke detectors
In the pictures you can see the detectors, circuit boards, the flow sensors in the pipes.
Self-calibrating with the push of a button. It could adapt to many manufacturers, replacing the smoke detectors.
With a quick change could work with one and the air tube was controlled by two sensors simultaneously

Fare Manutenzione 35 anni fa…

18 aprile 1986: oggi devo fare manutenzione ad un impianto antincendio. Consiste in una centrale Cerberus SFB con 125 rivelatori FES5B e 12 Pulsanti manuali, una campana interna come allarme ed una badenia esterna:
Controlla della centrale se tutto è funzionante. Provo a mettere tutte le zone in esclusione per vedere se le lampadine di segnalazione sono funzionanti. Ne trovo due bruciate: sono lampadine speciali a doppio filamento che, anche se brucia il primario, il secondo sovradimensionato si accende con una leggera brace:
All’interno trovo il kit di ricambio in un contenitore verde e trovo le lampadine per la sostituzione (adesso sono gadget che non esistono più)
Cambiate le lampadine noto che le linee non vengono più alimentate con la classica tensione a 220 volt in corrente continua.
Classico guasto……….. la valvola del gruppo raddrizzatrice: tolgo
alimentazione, la sostituisco e subito riparte.

Ora rimane da provare i sensori con l’asta e il verificatore:
Inserisco la bomboletta e inizio con le prove.
Ci sono due tipi di sensori:
quelli montati su zoccolo da soffitto e quelli su zoccolo da parete.

Rivelatore a camera di ionizzazione smontato

Spero sempre che la lampadina di indicazione allarme funzioni altrimenti bisogna prendere la scala, togliere l’alimentazione e sostituirla. Preferisco che sia rotto il rivelatore: con l’estrattore montato sull’asta riesco a sostituire rivelatori fino a 7 metri di altezza:

Per fortuna siamo ancora nel 1985.
Pochi anni dopo il caso Chernobyl fu causa di leggi di manutenzione agli impianti di antincendio con rivelatori a doppia camera ionizzante (perciò radioattivi) molto severe dove veniva obbligato il cliente ad eseguire uno smear test per verificare l’eventuale perdita di materiale radioattivo. Gli ultimi rivelatori erano fatti con Americio 241 con decadimento lento ma, i primi erano al Radio che decadeva velocemente in un gas Radon, fonte di contaminazione radioattiva.
Lo smear test era semplice. Numerati tutti i sensori, si strofinava un dischetto di carta assorbente in tutte le parti del rivelatore, dello zoccolo e della parete nelle vicinanze (10 – 20 cm). Il dischetto numerato veniva mandato ad analizzare sotto un rivelatore geiger che rilevava eventuali perdite. Giustamente tale manovra veniva effettuata con guanti e mascherina con l’attenzione di lavarsi accuratamente le mani al termine:
Finivo in bellezza con i pulsanti: quattro vite da svitare e un pulsante da premere

Poi infine faceva un rapporto intervento dove indicavo quello che avevo fatto, se avevo trovato dei guasti e se avevo fatto delle sostituzioni.
Non occorreva preparare l’allegato B della manutenzione secondo la UNI11224. E neppure provare almeno la metà.
Era tutto molto più semplice e soprattutto molto più professionale:

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