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Categoria: Curiosità (Pagina 2 di 2)

Fare Manutenzione 35 anni fa…

18 aprile 1986: oggi devo fare manutenzione ad un impianto antincendio. Consiste in una centrale Cerberus SFB con 125 rivelatori FES5B e 12 Pulsanti manuali, una campana interna come allarme ed una badenia esterna:
Controlla della centrale se tutto è funzionante. Provo a mettere tutte le zone in esclusione per vedere se le lampadine di segnalazione sono funzionanti. Ne trovo due bruciate: sono lampadine speciali a doppio filamento che, anche se brucia il primario, il secondo sovradimensionato si accende con una leggera brace:
All’interno trovo il kit di ricambio in un contenitore verde e trovo le lampadine per la sostituzione (adesso sono gadget che non esistono più)
Cambiate le lampadine noto che le linee non vengono più alimentate con la classica tensione a 220 volt in corrente continua.
Classico guasto……….. la valvola del gruppo raddrizzatrice: tolgo
alimentazione, la sostituisco e subito riparte.

Ora rimane da provare i sensori con l’asta e il verificatore:
Inserisco la bomboletta e inizio con le prove.
Ci sono due tipi di sensori:
quelli montati su zoccolo da soffitto e quelli su zoccolo da parete.

Rivelatore a camera di ionizzazione smontato

Spero sempre che la lampadina di indicazione allarme funzioni altrimenti bisogna prendere la scala, togliere l’alimentazione e sostituirla. Preferisco che sia rotto il rivelatore: con l’estrattore montato sull’asta riesco a sostituire rivelatori fino a 7 metri di altezza:

Per fortuna siamo ancora nel 1985.
Pochi anni dopo il caso Chernobyl fu causa di leggi di manutenzione agli impianti di antincendio con rivelatori a doppia camera ionizzante (perciò radioattivi) molto severe dove veniva obbligato il cliente ad eseguire uno smear test per verificare l’eventuale perdita di materiale radioattivo. Gli ultimi rivelatori erano fatti con Americio 241 con decadimento lento ma, i primi erano al Radio che decadeva velocemente in un gas Radon, fonte di contaminazione radioattiva.
Lo smear test era semplice. Numerati tutti i sensori, si strofinava un dischetto di carta assorbente in tutte le parti del rivelatore, dello zoccolo e della parete nelle vicinanze (10 – 20 cm). Il dischetto numerato veniva mandato ad analizzare sotto un rivelatore geiger che rilevava eventuali perdite. Giustamente tale manovra veniva effettuata con guanti e mascherina con l’attenzione di lavarsi accuratamente le mani al termine:
Finivo in bellezza con i pulsanti: quattro vite da svitare e un pulsante da premere

Poi infine faceva un rapporto intervento dove indicavo quello che avevo fatto, se avevo trovato dei guasti e se avevo fatto delle sostituzioni.
Non occorreva preparare l’allegato B della manutenzione secondo la UNI11224. E neppure provare almeno la metà.
Era tutto molto più semplice e soprattutto molto più professionale:

TVCC: in continua evoluzione

Il mondo del tvcc è un mercato in continua evoluzione. Negli anni 70 gli impianti erano completamente diversi da quelli di adesso e mai si sarebbe pensato ad una evoluzione del genere.
Innanzitutto era un mercato di élite, per pochi visto i costi delle apparecchiature e della manutenzione.
Le prime telecamere, se non erano cineprese a pellicola 8 mm azionata in caso di necessità, erano a tubo vidicon e newicon

.


Poche erano le marche esistenti e il mercato era tipicamente bancario.
Avevano prezzi folli e periodicamente andava cambiato il tubo che si esauriva.
Anche i monitor andava cambiati spesso soprattutto per evitare l’effetto memoria: il tubo catodico riproducendo la stessa immagine si “incideva” e al passaggio di una persona sembrava un fantasma.
Poi c’era il problema di sincronizzare le immagini, altrimenti al passaggio da una telecamera all’altra aveva lo scrolling dell’immagine con una barra nera sullo schermo.
Questa alterava soprattutto la videoregistrazione. A quei tempi esistevano videoregistratori Time Lapse, ovvero che registavano fotogramma per fotogramma dilaniato nel tempo, permettendo con una cassetta VHS di arrivavare fino a 240 ore.
Altri sistemi tipo quello di marca Comerson, permettevono la videoregistrazione contemporanea in un cassetta VHS di parecchie telecamere, un fotogramma alla volta.
Poi, per visionarla, sistemi appositi ti facevano vedere solo la telecamere scelta, scartando le altre immagini e permettendo la visuale continua a un frame al secondo.
Poi dalle fine anni 90, ci fu una continua evoluzione. Dal tubo si passo al cmos e al CCD. Dai sistemi di videoregistrazione a nastro a sistemi digitali su hard-disk, redendo superfluo il sincronismo. La trasmissione delle immagini passo dl videolento che andava al massimo a 56k su linea telefonica (un frame a bassa risoluzione ogni 5 minuti) alla ISDN per poi passare su Internet che attualmente, visto i sistemi di compressione video (H.264), sono in tempo reale.
Poi, nel 1996, ci fu una rivoluzione.

La ditta Axis ebbe la pazza idea di costruire la prima telecamere di rete del mondo.
Da qui si apri un mondo nuovo. Si passo da una immagine con definizione irrisoria di un centinaio di punti per riga fino ad immagini da 8 -10 Megapixel. Una definizione notevolemnete maggiore delle 500 linee che ti permetteva la telecamere analogica. Poi essendo già in formato digitale, permetteva una più veloce compressione del flusso video e una rapida videoregistrazione nei sitemi digitali.
E permetteva anche di accettare movimenti delle dome, trasmissioni dell’audio, messa a fuoco e zoom. Tutto semplicemente via rete senza cavi aggiuntivi.
Non serve più alimentazione. Con dispositivi POE non occorre piu aggiungere il cavo di alimentazione. E neppure la rete!! Basta un sistema WI-FI
Così, nel giro di poco, il tecnico TVCC dovette trasformarsi da un esperto di ottica e elettronica in un esperto di reti, wireless, trasmissioni dati e informatico.
Attualmente sono riusciti a trasformare i sistemi analogici in HD: molto più semplice da installare e con una buona definizione ma non riesce ad arrivare ai livelli di evoluzione delle telecamere IP.
Gli ultimi studi hanno evoluto la elaborazione delle immagini fino ai primi dati che escono da CCD: viene modificato fino ad ottenere immagini con alta definizione con poca luce oppure una precisione nei controluce incredibile. Meglio che l’occhio umano.

MZ2424 : Primi sistemi a campionamento aria

MZ2424 : Primi sistemi a campionamento aria

Negli anni 90 uscirono i primi sistemi di rivelazione fumi a campionamento aria.
La Cerberus Guinard mise in commercio questa centralina chiamata MZ2424: aveva tubi portanti da 32 a 40 millimetri di diametro bucherellati a distanza tale da coprire la stanza come fossero dei rivelatori puntiformi.
La ventola aspirava l’aria e questa veniva fatta passare attraverso i rivelatori ottici collegati sotto una centrale di rivelazione incendi ( in questo caso la CZ10)
Già a quei tempi, l’elettronica controllava attraverso dei sensori di flusso posizionati alla fine del tubo che  il flusso rimanesse costante: un otturamento dei tubi o una rottura del tubo veniva prontamente segnalato alla centrale rivelazione incendio tramite degli ingressi appositi presenti nella base del rivelatore.

La regolazione veniva eseguita agendo sui dei trimmer e utilizzando il voltmetro sui puntali rossi-neri visibili in foto. Chiaramente la regolazione variava a secondo della quantità di fori fatti e dalla lunghezza del tubo.

Esisteva già allora la tecnologia a raggio laser ma con costi proibitivi. Provato e comparato alla rilevazione con i tradizionali rivelatori puntiformi, i tempi di risposta erano notevolmente minori rispetto alla rivelazione tradizionale.

La ventola era sovradimensionata rispetto quella di oggi e funzionante con alimentazione a 220 Vac. L’aspirazione era talmente forte che per togliere il coperchio dove erano contenuti i rivelatori, bisognava togliere tensione e fermare la ventilazione.

Già allora esistevano particolari kit per il filtraggio dell’aria e scatole con altri rivelatori per individuare il ramo dove proveniva il fumo. Praticamente avevano già tutto quello che hanno i rivelatori di campionamento di oggi. Chiaramente oggi la tecnologia laser si è abbassata di prezzo e le dimensioni sono notevolmente diminuite. Certamente quelle di una volta non avevano problemi di tempi di trasporto: con la potenza di aspirazione di quelle ventole non raggiungeva tempi superiori ai 30 secondi.

La centrale veviva già fornita di tutto il cablaggio interno (fili blu in foto). Mancavano solo i rivelatori.

Erano macchine grossolane e sperimentali. Sicuramente non sarebbero passate alla certificazione EN54.
Erano le precursori di una tecnologia nata negli anni 80 e che si sarebbe sviluppata nei successivi anni fino ad oggi.

Sembrava essere un volumetrico, ma…………

Smantellando un vecchio impianto, mi è capitato di trovare questo strano sensore. Al primo colpo d’occhio, sembrava essere un volumetrico doppia tecnologia, ma mi ha destato curiosità quel strano puntino nella zona alta della micronda.
Procedendo con l’apertura, ho scoperto una dei primi tentativo di celare telecamere nascoste all’interno di sensori camuffati.
La telecamera integrata celava anche un microfono ambientale ed era collegata ad un videoregistratore.

Quando l’infrarosso percepiva presenza di persone, attivava la videoregistrazione video e audio dell’ambiente. Il videoregistratore era ancora un modello a nastro magnetico time-lapse a lunghi tempi di registrazione: questa tecnologia è scomparsa con la nascita dei nuovi sistemi digitali.
Un dispositivo utile ma facilmente individuabile: oltre al foro visibile, questo risulta evidenziato da un alone dovuto al calore emesso dalla telecamera. Probabilmente le persone non esperte potevano non accorgersene di questo particolare e lo strumento effettuava il suo lavoro poco lecito di controllore.
Dico “poco lecito” perché in Italia non sono ammessi controlli e le registrazioni devono obbligatoriamente sottostare alle attuali leggi sulla privacy italiane.
Di sicuro venne installato quando queste leggi non erano ancora in vigore.

Come funziona un rivelatore a camera ionizzante

Uno dei migliori rivelatori di fumo è sicuramente quello a camera ionizzante. E’ sensibile ai fumi invisibili da incendi covanti ma con un piccolo problema: contiene elementi radioattivi.

Rivelatore a camera di ionizzazione smontato
Rivelatore a camera di ionizzazione smontato

Gli ultimi trovabili in commercio contengono una doppia pastiglia a base di Americio 241 (Am241). Anche se ha un tempo di decadimento di 432 anni che lo rende pericoloso ma stabile, ha una leggera emissione di raggi alfa e gamma e soprattutto non decade in sostanze radiottive gassose. Infatti i primi rivelatori erano in Radio che, decadendo, si trasformava in Radon, gas radiottivo respirabile.
La quantità è passata da 150 Microcurie a 0,8 microcurie.
Nonostante tutto possono essere montati in Italia, ma necessitano di particolare e costosa manutenzione (smear test, rottamazione, trasporto con vettori autorizzati, imballaggio speciale, ecc). Per questo motivo negli ultimi anni sono stati smantellati quasi tutti.
Negli anni 70 – 80 hanno avuto un forte mercato. Il modello ottico ancora non era sensibile per fumi invisibile e poi era molto costoso. L’estrema semplicità di costruzione di questo modello lo rendeva molto economico e, fino al 26 aprile 1986, anno del disastro di Cernobyl, in Italia non c’erano particolari e costosi obblighi sulla manutenzione.


Il rivelatore è tecnologicamente semplice. Consiste in una camera d’aria a contatto con l’ambiente, mantenuta ionizzata tramite l’elemento radioattivo. Un voltmetro teneva monitorata la differenza di potenziale. Se nell’aria comparivano elementi dovuti a combustione, questo andava ad alterare il valore nel voltmetro e faceva scattare l’allarme. Sucessivamente vennero creati i rivelatori a doppia camera di ionizzazione, meno sensibile a falsi allarmi dovuti a umidità e variazioni di temperatura. Una camera era tenuta in aria pulita esente dai fumi ma con temperatura e umidità uguale a quella controllata. Il voltmetro misurava la variazione fra le due camere e non più su una sola. L’allarme partiva su differenza di tensioni e non su un valore campione.

Come funziona un rivelatore ottico di fumo

Camera di analisi fuma aperta
Rivelatore ottico

Un rivelatore ottico di fumo funziona principalmente grazie all’effetto di Tyndall. All’interno della camera di analisi del fumo di un rivelatore sono presenti un diodo trasmettitore e un diodo ricevitore.
Al contrario di quello che si pensa, il trasmettitore e il ricevitore non sono allineate, ma sfalsati di una decina di gradi.
Per l’effetto Tyndall, in caso di fumo, si crea una leggera diffrazione della luminosità che rilavata genera lo stato di allarme.
Su questa base teorica nascono varie varianti tecnico-costruttive che migliorano le capacità del sensore. A secondo della qualità del sensore si possono aggiungere retine di protezione per evitare ingresso di animali: lo studio di particolari forme della camera evita le interferenze con ventilazioni ambientali o deposito di polveri.
Certe case costruttrici aggiungono un secondo led ricevitore diretto per garantire il funzionamento del sensore o quantizzare il grado di sporcizia del rivelatore.
Ci sono anche altre case che consigliono la periodica sostituzione della camera di analisi: hanno concepito sensori facilmente smontabili dove si sostituisce facilmente la camera.
Le migliori case costruttrici permettono di variare le soglie di pre-allarme e allarme del sensore (i cosiddetti rivelatori analogici di fumo), mentre altre hanno algoritmi integrati che elaborano l’andamento del segnale nell’arco del tempo e lo mettono a confronto con i dati memorizzati prima di generare allarmi.
Sommando a questo la presenza di un sensore termico che rileva l’innalzamento della temperatura (ma a questo punto abbiamo sensori ottico-termici) abbiamo un risultato di casistica di falsi allarmi pari quasi a 0.

Ultima miglioria trovata è lo studio nel tempo delle leggere interferenze dell’aria. Più ci sono interferenze significa locale “sporco” e il sensore abbassa lentamente la sensibilità.
Meno interferenza più aumenta la sensibilità. A questo punto abbiamo un sensore affidabile ma senza falsi allarmi.
Chiaramente questo tipo di sensore non è sicuramente economico, ma la differenza con quelli canonici non è poi così elevata.

Cinema: i sistemi di sicurezza visti da Hollywood

Mi ha sempre colpito il mondo delle pellicole quando si immerge nel mondo dei sistemi di sicurezza. È vero che il cinema deve raccontare fantasie e tutto è concesso nel fine di realizzare film accattivanti, spettacolari e di riempire le sale cinematografiche, ma è curioso come affronta i diversi casi.

Sfalsiamo una leggenda cinematografica: con uno stetoscopio non si riesce ad aprire alcuna cassaforte. Ruotando la serratura, tutti i rumori emessi sono identici. Forse in una cassaforte del 1800, ma non in quelle attuali. E pure bucarle non ci si mette cinque minuti.

Per qualche motivo a me ignoto, si direbbe che gli sceneggiatori abbiano avuto cattive esperienze dai sistemi antifurto, passivi o attivi che siano, mentre siano rimasti colpiti dal mondo delle telecamere. (Forse perché ci lavorano più spesso???) Conoscete un film in cui, durante un furto, questo sia sventato dall’intervento dell’impianto di allarme.

È semplicissimo disattivare l’impianto di allarme: apri la tastiera di inserimento, fai un ponticello con le cose più inaspettate (forcine dei capelli, fermacarte, una moneta da 10 centesimi) e… track…… l’allarme è disattivato.

Tanto per cominciare, esiste il Tamper. Cos’è il tamper? La cosa più banale: un microinterruttore che sente la chiusura e/o la manomissione della tastiera. Appena si cerca di aprirlo, track…… invece di disattivarsi scattano immediatamente le sirene. Non pensare neppure di staccarlo dal muro e aprirlo da dietro: gli ottimi sistemi di allarme hanno un doppio microswitch, uno per la chiusura e uno che sente il distacco dal muro.

Continuiamo e mettiamo pure il caso che la tastiera non abbia il sistema di tamper, ma vi sembra che basti un cortocircuito per spegnere tutto?

Vi siete mai chiesti perché si sentono sempre delle sirene? Anche il più economico, scadente, autocostruito antifurto ha una logica di funzionamento in logica negativa: se manca l’alimentazione, se qualcosa si stacca, se qualcosa si rompe, la prima cosa è far scattare l’allarme. All’interno, esistono batterie che mantengono la sopravvivenza anche quando manca l’alimentazione esterna.

Anche le sirene esterne l’hanno: prova a staccare una sirena dal muro e taglia anche i fili, ma vedrai che continua a suonare.

Entriamo dentro: ma che razza di sensori pensate che ci siano? Raggi laser che si vedono con speciali occhiali, incrociati ad altezze svariate ma pur sempre valicabili con particolari mosse che evidenziano le forme del ladro o meglio ancora della LADRA.


Nulla di tutto questo: anche se da poco esistono sistemi al laser molto specialistici e costosi, il più delle volte vi trovate di fronte a un inaffidabile rivelatore volumetrico, per giunta a infrarossi che non emette raggi ma riceve quelli emessi dal tuo corpo, anche se le tue forme sono oltremodo sensuali.
Ultimamente sono usciti dei scanner a laser dell’ambiente, ma sicuramente non funzionano in questo modo, visto che il laser (invisibile all’occhio umano), emette il raggio solo da una fonte.
E questo è il minimo. Non parliamo poi dei contatti magnetici, della rottura del vetro, dei sistemi microfonici sulle cassette di sicurezza e via dicendo.
Torniamo al mondo del cinema. Con le immagini riprese fanno dei miracoli!!!!!! Da una telecamera posta sulla strada, ingrandiscono il fotogramma e riescono a leggere la data sul giornale di un passeggero salito sul tram. MIRACOLO!!!!
Premesso che telecamere così esistono e vengono utilizzate negli stadi per memorizzare i volti di tutti gli spettatori, ma hanno costi e dimensioni folli. Le più comuni telecamere arrivano a 720 linee (i megapixel degli ultimi anni arrivano anche a un numero maggiore). Una telecamera posta a 10 metri di altezza difficilmente riesce a vedere il tuo volto, figuriamoci la data giornaliera!
I sistemi di videoregistrazione attuali sono validi, ma non come nei film. Telecamere appositamente posizionate alle entrate riescono ad avere filmati in cui la persona è riconoscibile, ma basta qualche misura per eluderle (occhiali da sole, sciarpe, baffi e barbe false, ecc.).
Sicuramente le telecamere di strada non possono dare molte informazioni sui passanti che vi transitano sotto. Poi, di notte, con immagini all’infrarosso, difficilmente i colori possono essere di riferimento perché vengono sfalsati.

Sirena da esterno che ha fatto la storia (security siren)

Sicuramente una sirena da esterno che ha fatto la storia è questo modello anni 80 (se non prima) della Chub Alarm.
Negli anni 70-80 erano poche le marche presenti nel mercato italiano e le banche che volevano il meglio si affidava a questo marchio:
Un sistema sicuro, persino nella sirena.
Oltre la forma triangolare particolare e il colore celestone inconfondibile, aveva concezioni antivandalistica ormai non più trovabili.
Era composta da due parti metalliche triangolare sovrapposte, tenute a distanza tra di loro di qualche millimetro ma isolate fra di loro. Ogni tentativo di perforamento o manomissione faceva un cortocircuito fra le carcasse provocando l’allarme sonoro.
Inoltre le carcasse erano tenute chiuse da una vite centrale multigiro lunghissima Che permetteva l’apertura solo all’ultimo giro. In compenso il primo giro agiva sul micro del tamper facendo iniziare a suonare la soneria. Nessun tecnico si osava di aprirla senza l’uso di cuffie protettive, anche se aveva aveva disattivato tutti i tamper possibili.
Come tutte le sirene, possedeva già una batteria che manteneva l’alimentazione anche col taglio dei fii.
Oramai non se ne vedono più, anche perchè la Chub è stata assorbita col corso degli anni da altre ditte. Però si vedono le sue figlie create dalla ditta Guardall, ancora oggi sul mercato.
E soprattutto è stato mantenuto il colore con aggiunta della parte lampeggiante.

Come ti preparo un rivelatore di fumo cotto al vapore

Per la preparazione di un rilevatore di fumo cotto al vapore occorre:
1 rilevatore di fumo
1 camera di campionamento per canala.

Posizionare il rilevatore di fumo all’interno della camera di campionamento d’aria per canale di areazione. Installare tale camera in prossimità di un umidificatore di aria. Lasciare acceso per 4 o 5 ore l’umidificatore di aria avendo cura di spegnere la ventilazione. Il vapore rienpierà la camera d’aria innalzando la temperatura e permettendo la cottura del rivelatore fino alla fusione.
Per la storia, il rilevatore ha segnalato allarme per 2 ore, dopo di che ha emesso l’ultimo spirito di vita passando a segnalazione di guasto in eterno.
Il resto della linea di rivelatori è rimasta indenne
Onore alle armi per il rivelatore

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