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Categoria: Rivelatori puntiformi

Rivelazione incendi: dal collettivo al indirizzato anche wireless

In questo articolo vediamo il passaggio da linea convenzionale a linea indirizzata

Linee convenzionali ( o collettive)
Inizialmente fu linea convenzionale… Le prime centrali antincendio si collegavano ai sensori e/o pulsanti attraverso una linea bilanciata con una resistenza chiamata appunti EOL (end of line – fine linea). L’interruzione di questa resistenza creava una segnalazione di guasto; una diminuzione della resistenza invece generava l’allarme.
Sistemi più sofisticati usavano (ed ancora usano) una scheda EOL composta da transzorb; oppure resistenza con condensatori per evitare interferenze con la lunghezza del cavo.
Questa linea permetteva anche l’alimentazione del sensore e una base con micro di contatto permetteva di controllare l’esistenza del rivelatore. In caso di allarme, il sensore rimaneva allarmato finchè non veniva tolta la tensione alla linea per qualche secondo.
Erroneamente parlo al passato perchè questo genere di linea esiste ancora oggi ed è utilizzata per piccoli impianti o per centrali che gestiscono spegnimenti.

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Linee indirizzate
Dal 1980 iniziarono a comparire le prime linee indirizzate. C’erano vari problemi da risolvere come aumento dell’assorbimento elettrico del rivelatore più sofisticato, qualità del segnale di indirizzamento e esenzione dai disturbi magnetici.

Le prime zoccoli indirizzati avevano una alimentazione secondaria ( la linea era formata da 4 fili: due di dati e due di alimentazione, ancora oggi utilizzata nell’antintrusione) e spesso l’elettronica di numerazione era montata sulla base e non dentro il rivelatore.

Poi il lampo di genio: inserire un condensatore all’interno della base che alimentato si caricava e manteneva l’alimentazione al circuito elettronico anche quando nella linea veniva invertita la tensione per poter permettere il transito dei pacchetti in bit seriali per l’indirizzamento. Il tutto per poter fare una linea con soli 2 fili come alla maniera convenzionale. Il problema della esenzione dei disturbi pur utilizzando tratti di cavo lunghi fu risolto utilizzando cavo schermato e, nei migliori dei casi, una frequenza di trasmissione molto bassa.

Le ditte migliori furono quelle che fin dall’inizio crearono un protocollo efficace ma ristretto ed minimale. Meno dati da  trasmettere significava velocità di trasferimento minore e maggior esenzione dei disturbi.
Si passò dai 25 sensori per linea a 50 indirizzati fino a 254 sensori. Poi l’uscita della EN54 per le centrali antincendio costrinse a creare linee che in caso di corto circuito o apertura della linea non venissero persi più di 32 sensori.


Segno il passaggio da linea a stella a linea a loop con l’introduzione dei famosi isolatori di linea.

Wireless

Negli ultimi anni sono comparsi anche i rivelatori e pulsanti via radio. Prima sperimentali, oggi sono riconosciuti dalla UNI9795 ed certificati EN54.
Di solito esiste un gateway che li inserisce all’interno del loop oppure comunicano direttamente alla centrale. Sempre per la EN54 si può un massimo di 32 device per gateway o centrale.
Hanno trasmissione radio bi-direzionale e alcune marche consentono di fare collegamenti ponte fra device in modo da aumentare la sicurezza e il campo di azione:
Esiste il problema delle batterie. Alcune marche permettono lo smontaggio e il rimontaggio tramite asta senza bisogno di scala: molto comodo in questo caso.
Ricordatevi che anche il gateway ha la batteria.


Tecniche di indirizzamento
Dip-switch o rotori che numerano il sensore:

molto comodo in caso si sostituisca il sensore ma col rischio che sulla linea vengano montati più sensori con lo stesso numero


Ogni sensore ha un suo numero univoco: 

evita l’errore del doppio numero ma occorre essere a conoscenza della procedura di sostituzione del sensore o del software di programmazione di centrale


Il sensore prende il numero a secondo della posizione sulla linea: comodo perchè non occorre numerare il sensore, ma presenta vari problemi durante l’attivazione dell’impianto, soprattutto se non si conosce il giro dei cavi steso dagli elettricisti. Difficile anche fare ampliamenti perchè occorre modificare il programma in molti punti

Come funziona un rivelatore a camera ionizzante

Uno dei migliori rivelatori di fumo è sicuramente quello a camera ionizzante. E’ sensibile ai fumi invisibili da incendi covanti ma con un piccolo problema: contiene elementi radioattivi.

Rivelatore a camera di ionizzazione smontato
Rivelatore a camera di ionizzazione smontato

Gli ultimi trovabili in commercio contengono una doppia pastiglia a base di Americio 241 (Am241). Anche se ha un tempo di decadimento di 432 anni che lo rende pericoloso ma stabile, ha una leggera emissione di raggi alfa e gamma e soprattutto non decade in sostanze radiottive gassose. Infatti i primi rivelatori erano in Radio che, decadendo, si trasformava in Radon, gas radiottivo respirabile.
La quantità è passata da 150 Microcurie a 0,8 microcurie.
Nonostante tutto possono essere montati in Italia, ma necessitano di particolare e costosa manutenzione (smear test, rottamazione, trasporto con vettori autorizzati, imballaggio speciale, ecc). Per questo motivo negli ultimi anni sono stati smantellati quasi tutti.
Negli anni 70 – 80 hanno avuto un forte mercato. Il modello ottico ancora non era sensibile per fumi invisibile e poi era molto costoso. L’estrema semplicità di costruzione di questo modello lo rendeva molto economico e, fino al 26 aprile 1986, anno del disastro di Cernobyl, in Italia non c’erano particolari e costosi obblighi sulla manutenzione.


Il rivelatore è tecnologicamente semplice. Consiste in una camera d’aria a contatto con l’ambiente, mantenuta ionizzata tramite l’elemento radioattivo. Un voltmetro teneva monitorata la differenza di potenziale. Se nell’aria comparivano elementi dovuti a combustione, questo andava ad alterare il valore nel voltmetro e faceva scattare l’allarme. Sucessivamente vennero creati i rivelatori a doppia camera di ionizzazione, meno sensibile a falsi allarmi dovuti a umidità e variazioni di temperatura. Una camera era tenuta in aria pulita esente dai fumi ma con temperatura e umidità uguale a quella controllata. Il voltmetro misurava la variazione fra le due camere e non più su una sola. L’allarme partiva su differenza di tensioni e non su un valore campione.

Come funziona un rivelatore ottico di fumo

Camera di analisi fuma aperta
Rivelatore ottico

Un rivelatore ottico di fumo funziona principalmente grazie all’effetto di Tyndall. All’interno della camera di analisi del fumo di un rivelatore sono presenti un diodo trasmettitore e un diodo ricevitore.
Al contrario di quello che si pensa, il trasmettitore e il ricevitore non sono allineate, ma sfalsati di una decina di gradi.
Per l’effetto Tyndall, in caso di fumo, si crea una leggera diffrazione della luminosità che rilavata genera lo stato di allarme.
Su questa base teorica nascono varie varianti tecnico-costruttive che migliorano le capacità del sensore. A secondo della qualità del sensore si possono aggiungere retine di protezione per evitare ingresso di animali: lo studio di particolari forme della camera evita le interferenze con ventilazioni ambientali o deposito di polveri.
Certe case costruttrici aggiungono un secondo led ricevitore diretto per garantire il funzionamento del sensore o quantizzare il grado di sporcizia del rivelatore.
Ci sono anche altre case che consigliono la periodica sostituzione della camera di analisi: hanno concepito sensori facilmente smontabili dove si sostituisce facilmente la camera.
Le migliori case costruttrici permettono di variare le soglie di pre-allarme e allarme del sensore (i cosiddetti rivelatori analogici di fumo), mentre altre hanno algoritmi integrati che elaborano l’andamento del segnale nell’arco del tempo e lo mettono a confronto con i dati memorizzati prima di generare allarmi.
Sommando a questo la presenza di un sensore termico che rileva l’innalzamento della temperatura (ma a questo punto abbiamo sensori ottico-termici) abbiamo un risultato di casistica di falsi allarmi pari quasi a 0.

Ultima miglioria trovata è lo studio nel tempo delle leggere interferenze dell’aria. Più ci sono interferenze significa locale “sporco” e il sensore abbassa lentamente la sensibilità.
Meno interferenza più aumenta la sensibilità. A questo punto abbiamo un sensore affidabile ma senza falsi allarmi.
Chiaramente questo tipo di sensore non è sicuramente economico, ma la differenza con quelli canonici non è poi così elevata.

NITTAN ST-P-AS Smoke Sensor

NITTAN ST-P-AS
Smoke Sensor – Rivelatore di fumo analogico indirizzabile

Casa Costruttrice NITTAN

Rivelatore di fumo di tipo ottico e indirizzabile
Scelta del numero di indirizzo tramite dipswitch
website
Modello fuori produzione
Compatibile con Centrale Elmo anni 90 – Probabilmente adottava lo stesso protocollo di comunicazione su bus
Certificazioni: EN54 – CE – LPCB

SIRA BTA/206

Esser O-1371

Rivelatore ottico di fumo Esser O-1371. ( Smoke detector )
Marca: Esser
TIPO: Analogico

SEZIONAMENTO

Estrattore rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70 (smoke detector extractor)

Ecco uno dei primi estrattore di rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70. Uno dei problemi tipico degli impianti antincendio è come sostituire tutti i rivelatori, soprattutto se posti a parecchi metri da terra.
Invece di utilizzare la scala, Cerberus aveva ideato un dispositivo per montare e smontare i rivelatori in altezza con l’aiuto di una asta isolata per evitare eventuali folgarazioni in presenza di cavi elettrici scoperti.
Considerando poi che la serie FES5B, oltre che a essere molto radioattiva, aveva un’alimentazione a 220 Volt in corrente continua, l’asta di garantiva un grado di sicurezza in più:


Erano vere opere di ingegnieria meccanica. Lo sgancio avveniva premendo il rivelatore contro lo zoccolo che rallentava la tenuta di tre dentini metallici posti nella parte svasata dell’estrattore

Il rivelatore era ad infilaggio diretto e non occorreva ruotarlo per fissarlo. Per toglierlo si scaricava la molla e i dentini permettevano di stringere il rivelatore e di smontarlo.
Con l’asta sono personalmente riuscita a sfilare e rimontare rivelatori fino a 7 metri di altezza senza utilizzo di scale (solo un leggero male al collo a forza di stare a testa in su).


Anche per le serie successive, venne sempre studiato un dispositivo per smontare e montare rivelatori in altezza. Addirittura comparvero dei adattatori per zoccoli per adattare le vecchi basi ai nuovi rivelatori

Anni 70: Tempo di rivelatori ionici – (70’s smoke detector)

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Anni 70: uscivano i primi rivelatori di fumo a doppia camera di ionizzazione. C’era anche quelli ottici, ma costavano un sacco di soldi

Già si effettuava la rivelazione con linee a due fili, basate sul principio di linee collettiva bilanciata, che ancora adesso si utilizza per piccoli impianti.
L’unica differenza è che oggi si utilizza una tensione standard di 24 Vdc, mantre allora si utilizzava la 220Vdc !!!  Ho scritto bene….. 220 volt raddrizzati: sicuramente non c’erano cadute di tensione.
I rivelatori utilizzavano l’elemente radioattivo: prima il RADIO con punte di 132 MicroCurie, col problema che decadeva in RADON che è un gas!!! Spargendoci nell’aria decadeva ancora una volta in RADON con isotopo minore posandosi qua e la per tutto l’edificio:


Poi si è passati all’Americio 241 più stabile e con radiazioni più deboli.
Nonostante la leggera pericolosità, erano molto utilizzati perchè Oltre che a costare meno, avevano una sensibilità maggiore a tutti i tipi di fumo, compresi quelli covanti (invisibili all’occhio umano)
La pericolosità della contaminazione c’era lo stesso e la paura è aumentata nel 86 con Cernobyl. In Italia sono state varate delle leggi rendendo obbligatori dei controlli che esasperavano i costi di mantenimento dell’impianto e la regolare manutenzione.

Valvola utilizzata nelle centrali SFB della Cerberus

Le centrali SFB erano dei gioiellini: a valvole con gruppi di continuità a dinamo. Se cadeva la rete, entrava in funzione un motorino a 24 V che creava la 220 Vdc che serviva ad alimentare il sistema. Lo sportello reggeva il tutto e ruotando di permetteva di collegare i fili al’interno. Per garantire la tenuta e la rotazione, lo sportello era montato su cuscinette a sfere. Una vera opera di ingegneria.
Centrali eterne, bastava cambiare dopo ogni 25000-30000 ore le valvole.

Vi sarete accorti che tutte le foto sono di una unica marca. A quei tempi CERBERUS era sinonimo di impianto di rivelazione fumi.
Poi col passare del tempo, negli anni 80, si sono fatte avanti altre marche fino ad arrivare ad oggi che abbiamo una moltitudine di ditte che fanno sicurezza