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Come funziona un rivelatore a camera ionizzante

Uno dei migliori rivelatori di fumo è sicuramente quello a camera ionizzante. E’ sensibile ai fumi invisibili da incendi covanti ma con un piccolo problema: contiene elementi radioattivi.

Rivelatore a camera di ionizzazione smontato
Rivelatore a camera di ionizzazione smontato

Gli ultimi trovabili in commercio contengono una doppia pastiglia a base di Americio 241 (Am241). Anche se ha un tempo di decadimento di 432 anni che lo rende pericoloso ma stabile, ha una leggera emissione di raggi alfa e gamma e soprattutto non decade in sostanze radiottive gassose. Infatti i primi rivelatori erano in Radio che, decadendo, si trasformava in Radon, gas radiottivo respirabile.
La quantità è passata da 150 Microcurie a 0,8 microcurie.
Nonostante tutto possono essere montati in Italia, ma necessitano di particolare e costosa manutenzione (smear test, rottamazione, trasporto con vettori autorizzati, imballaggio speciale, ecc). Per questo motivo negli ultimi anni sono stati smantellati quasi tutti.
Negli anni 70 – 80 hanno avuto un forte mercato. Il modello ottico ancora non era sensibile per fumi invisibile e poi era molto costoso. L’estrema semplicità di costruzione di questo modello lo rendeva molto economico e, fino al 26 aprile 1986, anno del disastro di Cernobyl, in Italia non c’erano particolari e costosi obblighi sulla manutenzione.


Il rivelatore è tecnologicamente semplice. Consiste in una camera d’aria a contatto con l’ambiente, mantenuta ionizzata tramite l’elemento radioattivo. Un voltmetro teneva monitorata la differenza di potenziale. Se nell’aria comparivano elementi dovuti a combustione, questo andava ad alterare il valore nel voltmetro e faceva scattare l’allarme. Sucessivamente vennero creati i rivelatori a doppia camera di ionizzazione, meno sensibile a falsi allarmi dovuti a umidità e variazioni di temperatura. Una camera era tenuta in aria pulita esente dai fumi ma con temperatura e umidità uguale a quella controllata. Il voltmetro misurava la variazione fra le due camere e non più su una sola. L’allarme partiva su differenza di tensioni e non su un valore campione.

Come funziona un rivelatore ottico di fumo

Camera di analisi fuma aperta
Rivelatore ottico

Un rivelatore ottico di fumo funziona principalmente grazie all’effetto di Tyndall. All’interno della camera di analisi del fumo di un rivelatore sono presenti un diodo trasmettitore e un diodo ricevitore.
Al contrario di quello che si pensa, il trasmettitore e il ricevitore non sono allineate, ma sfalsati di una decina di gradi.
Per l’effetto Tyndall, in caso di fumo, si crea una leggera diffrazione della luminosità che rilavata genera lo stato di allarme.
Su questa base teorica nascono varie varianti tecnico-costruttive che migliorano le capacità del sensore. A secondo della qualità del sensore si possono aggiungere retine di protezione per evitare ingresso di animali: lo studio di particolari forme della camera evita le interferenze con ventilazioni ambientali o deposito di polveri.
Certe case costruttrici aggiungono un secondo led ricevitore diretto per garantire il funzionamento del sensore o quantizzare il grado di sporcizia del rivelatore.
Ci sono anche altre case che consigliono la periodica sostituzione della camera di analisi: hanno concepito sensori facilmente smontabili dove si sostituisce facilmente la camera.
Le migliori case costruttrici permettono di variare le soglie di pre-allarme e allarme del sensore (i cosiddetti rivelatori analogici di fumo), mentre altre hanno algoritmi integrati che elaborano l’andamento del segnale nell’arco del tempo e lo mettono a confronto con i dati memorizzati prima di generare allarmi.
Sommando a questo la presenza di un sensore termico che rileva l’innalzamento della temperatura (ma a questo punto abbiamo sensori ottico-termici) abbiamo un risultato di casistica di falsi allarmi pari quasi a 0.

Ultima miglioria trovata è lo studio nel tempo delle leggere interferenze dell’aria. Più ci sono interferenze significa locale “sporco” e il sensore abbassa lentamente la sensibilità.
Meno interferenza più aumenta la sensibilità. A questo punto abbiamo un sensore affidabile ma senza falsi allarmi.
Chiaramente questo tipo di sensore non è sicuramente economico, ma la differenza con quelli canonici non è poi così elevata.

NITTAN ST-P-AS Smoke Sensor

NITTAN ST-P-AS
Smoke Sensor – Rivelatore di fumo analogico indirizzabile

Casa Costruttrice NITTAN

Rivelatore di fumo di tipo ottico e indirizzabile
Scelta del numero di indirizzo tramite dipswitch
website
Modello fuori produzione
Compatibile con Centrale Elmo anni 90 – Probabilmente adottava lo stesso protocollo di comunicazione su bus
Certificazioni: EN54 – CE – LPCB

SIRA BTA/206

Esser O-1371

Rivelatore ottico di fumo Esser O-1371. ( Smoke detector )
Marca: Esser
TIPO: Analogico

SEZIONAMENTO

Cerberus A2400: una delle prime barriere di rivelazione incendi (Linear Smoke Detector)

A2400. Coppia ricevitore – trasmettitore
A2400 interno con morsettiera

A2400 Linear Smoke detector

Una delle prime barriere di rivelazione incendi è stata sicuramente la A2400 della Cerberus. Presente sul mercato già negli anni 80, il kit era composto da un ricevitore ed un trasmettitore. La copertura era di 100 metri ed esisteva già il dispositivo catarifrangente per permettere l’installazione dei collegamenti e fili solo da un lato della parete: chiaramente la portata era dimezzata a 50 metri. Studiata per essere installata sopra ad una centrale con linee convenzionali, prendeva alimentazione direttamente dalla linea. La linea alimentava sia il trasmettitore sia il ricevitore, riconoscibile ad occhi esperti dal led indicatore dello stato di allarme.
Come potete vedere, era con struttura il metallo, lente in vetro e struttura dimessa a fuoco in bachelite. Si poteva settare la potenza del trasmettitore e ricevitore con ponticelli per adeguare la barriera alla distanza.
Particolare da notare era la presenza del contatto di tamper, ora non più presente nelle barriere rivelazioni incendio. La motivazione è perchè con lo stesso progetto veniva prodotta anche la barriera antintrusione dove il tamper è obbligatorio. Aveva già le taratura di sensibilità a secondo della distanza di copertura, modificabile tramite ponticello fatto con un filo.
La taratura ottica veniva effettuata tramite mirino ottico visibile tramite un forellino vicino alla lente. Li si doveva centrare il rispettivo sull’altra parete. Se ciò non bastava si agiva  modificando i tappi di fissaggio nel retro che permettevano una leggera inclinazione. Poi per facilitare il tutto esisteva il dispositivo di taratura chiamate LEA1: una enorme lampada con 4 viti di fissaggio identiche a quelle del coperchio. Si fissava dall’atra parte e si iniziava a far lampeggiare permettendo di centrare il raggio dall’altra parte. Per eseguire la taratura si faceva un contunuo su e giù per le scale: Aveva anche un trimmer che si vedeva dal foro per la taratura elettrica del dispositivo. Dal terminale 5 col il tester bisognava ottenere una determinata tensione.

A2400 Coperchio con LED

Molto approssimativo era il LED fissato sul coperchio del ricevitore per indicare lo stato di allarme del sensore. Collegato con due fili alla morsettiera permetteva la sosituzione in caso di rottura di rottura (era un comune diodo LED con tanto di resistenza di riduzione tensione. Praticamente indistruttibili, ancora oggi se ne possono trovare in giro funzionanti

Estrattore rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70 (smoke detector extractor)

Ecco uno dei primi estrattore di rivelatori di fumo FES5B Cerberus anni 70. Uno dei problemi tipico degli impianti antincendio è come sostituire tutti i rivelatori, soprattutto se posti a parecchi metri da terra.
Invece di utilizzare la scala, Cerberus aveva ideato un dispositivo per montare e smontare i rivelatori in altezza con l’aiuto di una asta isolata per evitare eventuali folgarazioni in presenza di cavi elettrici scoperti.
Considerando poi che la serie FES5B, oltre che a essere molto radioattiva, aveva un’alimentazione a 220 Volt in corrente continua, l’asta di garantiva un grado di sicurezza in più:


Erano vere opere di ingegnieria meccanica. Lo sgancio avveniva premendo il rivelatore contro lo zoccolo che rallentava la tenuta di tre dentini metallici posti nella parte svasata dell’estrattore

Il rivelatore era ad infilaggio diretto e non occorreva ruotarlo per fissarlo. Per toglierlo si scaricava la molla e i dentini permettevano di stringere il rivelatore e di smontarlo.
Con l’asta sono personalmente riuscita a sfilare e rimontare rivelatori fino a 7 metri di altezza senza utilizzo di scale (solo un leggero male al collo a forza di stare a testa in su).


Anche per le serie successive, venne sempre studiato un dispositivo per smontare e montare rivelatori in altezza. Addirittura comparvero dei adattatori per zoccoli per adattare le vecchi basi ai nuovi rivelatori

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