Ma tutti gli impianti antintrusione necessitano di un canone di abbonamento? La risposta è No. Casomai, per tua maggior sicurezza, puoi aggiungere ulteriori servizi a pagamento, ma non obbligatori. Analizziamo il problema.
Cosa è un impianto antintrusione.
Un impianto antintrusione è un sistema indipendente per segnalare eventuali effrazioni nelle zone dove è stato installato. INDIPENDENTE perché deve funzionare sempre, anche se momentaneamente è scollegato dal mondo esterno. Non deve essere soggetto a canoni di manutenzione per funzionare e, soprattutto, è di proprietà di chi lo compra e se lo fa installare. Però il sistema deve comunicare l’avvenuta presunta effrazione. La decisione viene fatta da chi lo acquista. Può scegliere di essere lui il diretto responsabile a ricevere gli allarmi o può scegliere istituti di vigilanza in grado di vendere questo servizio. La scelta deve essere svincolata dall’impianto che deve essere fatto in modo di poter modificare il ricevente finale degli allarmi. Chiaramente più sono alti i valori da proteggere, maggiore deve essere lo studio della giusta trasmissione degli allarmi. Un altro fattore è importante: come per l’acquisto di un auto devi prevedere le spese anche dei tagliandi di controllo, anche per l’impianto antintrusione devi prevedere un controllo almeno annuale. Controllo batterie, funzionamento sensori, controllo trasmissione allarmi, ecc. Se acquisti un impianto indipendente puoi scegliere se cambiare l’installatore per mancanza di fiducia o lentezza dei servizi. Informati primo dell’acquisto e fatti consegnare tutti i codici del tuo sistema per poter essere completamente svincolato.
Rimani sempre aperto a varie possibilità..
Se acquisti un impianto intrusione indipendente, sei libero di scegliere con chi collegarlo. Hai la possibilità, se non contento, di cambiare con altri fornitori del servizio. Attento anche ai servizi di vigilanza che ti garantiscono la gestione degli allarmi ricevuti dal tuo sistema: esiste una certificazione per gli istituti di vigilanza che è la UNI10891. Se devi scegliere, scegli almeno un istituto certificato, sinonimo di affidabilità.
Wireless o cablato? Quale antifurto è meglio? Sono due grandi domande che chi affronta l’acquisto di un sistema antifurto deve porsi. La risposta più scontata è: DIPENDE. Vediamo il perché, analizzando i vantaggi e pregi di queste tecnologie.
Wireless ( o via radio o senza fili)
Vantaggi: * facile e rapido da installare perché non richiede l’installazione di cavi e canaline verso i rivelatori * miglior impatto visivo che risulta meno invadente sempre per il motivo sopra indicato * economico nell’installazione perché non richiede la stesura di molti cavi Svantaggi: * rivelatori meno performanti e specialistici per risparmio consumo della batteria * per ampliamento si è legati ad una marca, la stessa della centrale * sostituzione periodica delle batterie che varia da sensore a sensore a secondo dell’utilizzo * campo limitato di utilizzo a seconda anche dello spessore e tipologia dei muri. * possibilità di influenza di campi magnetici esteri mirati (jamming)
Cablato
Vantaggi: * installazione più complessa e articolata perché richiede la stesura di cavi * il montaggio di canaline può essere vistoso e poco gradevoli (se non esiste predisposizione impianto con tubi corrugati interni a muro) * esente da problemi di jamming * Possibilità di variare con sensori di diverse marche e al top delle diverse tecnologie Svantaggi: * possibilità di svariare con diverse marche con il top delle tecnologie * meno batterie da sostituire * in caso di guasto batteria non perdi l’uso di alcun rivelatore (se rimane l’alimentazione primaria a 220Vac) * se non installato bene, possibilità di oscurare l’impianto con l’intercettazione dei cavi, se non si utilizzano tecnologia via bus * costo più elevato, soprattutto per installazione * installazione più lunga
Conclusione
Esaminando questi punti bisogna si potrebbe arrivare a delle conclusioni Per impianti tipici da appartamenti medio piccoli è meglio utilizzare un wireless (impatto visivo, semplicità) Per gli impianti medio grossi o a protezione di alti valori economici è meglio affidarsi al cablato e soprattutto con l’installazione eseguita da professionisti.
Esistono anche impianti ibridi (una parte wireless e una parte cablata) per la risoluzione di diverse problematiche, ma anche qui è meglio affidarsi a chi installa per professione.
Una domanda da meditarci sopra è sicuramente se gli inseritori dell’impianto antintrusione è sicuro oppure no. Dato per definizione è che l’inseritore è quel dispositivo che semplifica l’inserimento e disinserimento dell’impianto di allarme, permettendo questa azione da un dispositivo remoto. Direi che esistono molti tipi (più o meno comodi) che si sono evoluti con la tecnologia della centrale. Esaminiamoli uno a uno, cronologicamente parlando
Tastiera remota
Il classico pannello remoto che gestisce l’intera centrale. Può essere messo anche a distanza tramite collegamento via bus digitale. Permette accesso tramite codice o chiave o tag. Solitamente all’interno della zona protetta perché punto nevralgico e soprattutto perché, se non protetto da appositi contenitori, non è resistente all’acqua e alle intemperie e facilmente danneggiabile con alti costi di riparazione
Chiave elettronica
Dispositivo piccolo, come un interruttore elettrico di casa, che permette di collegarsi ad una chiave elettronica che al contatto inserisce e disinserisce l’impianto. Con l’ausilio di led disposti sul dispositivo o sulla chiave, permette di vedere lo stato di inserimento dell’impianto e l’esito della azione richiesta. Può essere messo all’esterno perché resistenti alle intemperie, difficilmente danneggiarli e con costi assai bassi.
I primi modelli (anni 80) di tipo resistivo, erano di facile copiatura o manomissione. Se veniva perso, dovevi cambiare tutte le chiavi. Gli ultimi modelli a chiave univoca sono più sicuri e permette, in caso di perdita, di mantenere valide le altre chiavi. Facili e leggere, si possono mettere insieme alle altri chiavi nel portachiavi di casa
Tag o badge a prossimità
Simile alla chiave elettronica, può avere anche il formato di carta di credito. Esistono vari modelli e tecnologie di carta, più o meno sicuri alla duplicazione. Infatti esistono anche dispositivi trovabili su internet che, a secondo della tecnologia, possono duplicare in pochissimo tempo con il solo contatto e emulare il badge sull’inseritore. Da prove personalmente fatte, sono riuscito a duplicarne molti in meno di tre secondi.
Perciò bisognerebbe evitare le prime tecnologia (125 Khz) e passare ad altri modelli (13 Mghz) magari criptati e difficilmente duplicabili senza chiave di decodifica. Per aumentare la sicurezza al massimo, bisognerebbe adottare anche la tastiera numerica per introduzione di un pin di convalida. Per eccesso, è meglio la tecnologia più datata dell’inseritore perché si è “meno” evoluta la ricerca della duplicazione o hackeraggio
Trasmettitore a distanza
Sono piccoli trasmettitori via radio grandi come portachiavi, solitamente a frequenza 433 Mghz. Hanno il vantaggio che non necessita dispositivi esterni per effettuare l’inserimento, per il vasto campo d’azione anche attraverso i muri. (sui 80 metri a campo aperto, 20 metri con muri). Anche per questi sono presenti in mercato dispositivi che riescono a copiare il codice emesso, senza neanche uno stretto contatto come il precedente per i tag. Ma per questo difetto, ha sopperito la tecnologia, introducendo il rolling code. Consiste nel trasmettere sempre codici diversi, in modo che una eventuale copiatura permette l’utilizzo per brevissimo tempo, garantendo la sicurezza. (perciò particolare attenzione sulla richiesta di questa tecnologia.) Il problema è sapere se l’impianto è inserito o disinserito. Per questo viene spesso utilizzato una serie di led sulla sirena che ti indicano lo stato e brevi suoi della sirena (questi evitano involontari azionamenti del telecomando mentre ti allontani). Sul funzionamento, esistono varie teorie. Lasciare questi led sempre funzionanti o per brevi istanti dopo la ricezione del segnale. Il primo ti da sempre lo stato dell’impianto, ma lo rende noto anche ad eventuali ladri. Il secondo potrebbe farti inserire l’impianto mentre tu lo volevi disinserire, perché non sei a conoscenza dello stato. Io preferisco il secondo anche perché se inserisci per errore, te ne accorgi e lo disinserisci velocemente
Cloud o via internet
La tecnologia fa passi enormi e oggi di permette di collegare il tuo impianto su internet e renderlo visibile e gestibile al tuo telefonino tramite accesso ad internet mediante sistemi cloud. Comodissimi, soprattutto se associato a telecamere ambientali, risulta però esposto ad hacker sulla rete. Anche se questi sistemi sono portati alla massima sicurezza con password, doppio riconoscimento, sono comunque esposti ad una possibile violazione. Dipende sempre cosa si vuole proteggere
Lo sappiamo tutti: la volpe, se non arriva all’uva, dice che è acerba. Poi io mi son permesso di aggiungere marcia. Ma cosa c’entra con il mondo della sicurezza, della rivelazione fumi o dell’antintrusione?
Le volpi…
Da anni io installo e faccio manutenzione alle stesse marche di prodotto. Mi sono trovato bene, penso di conoscere a fondo il prodotto, ne conosco limiti a capacità. Ho fatto corsi di aggiornamento dalla casa costruttrice e ho ricevuto attestati di frequentazione. Mi capita però delle volte di essere chiamato dal cliente, che si lamenta del materiale illustrato perché sempre guasto e malfunzionante, che è un prodotto scarso e non vede l’ora di sostituirlo, o integralmente o pezzo per pezzo. Approfondendo la discussione, capisco che questa lamentela nasce soprattutto dalla sua fedele ditta manutentrice. Chiedo gentilmente di farmi vedere i problemi e mi accorgo che sono problemi nati dalla scarsa conoscenza del prodotto: allora preferiscono cambiarlo ed installare un prodotto a loro conosciuto. Ritengo questa cosa un comportamento altamente scorretto, al limite della legalità.
Ignoranza o furbizia sleale?
Possiamo pensare principalmente ad ignoranza sul prodotto: non lo conosco, per me è rotto, lo cambio con qualcosa di mia conoscenza che gestisco. In questo caso, posso accettarlo. Ma purtroppo conosco casi che questo modo di lavorare viene utilizzato spesso, con lo scopo di integrare i costi di un servizio di manutenzione preso a prezzi stracciati. Più vendi più guadagni e una minima scusa è valida per fare grana. Mi sono capitati casi di: Alimentatori sostituiti perché le batterie erano guaste. (e non per perdite di acido) ASD sostituiti per segnalazione del filtro sporco (cambia il filtro e non il dispositivo) Rivelatori di fumo sostituiti quando andavano solo puliti (o tarati ad una sensibilità più bassa adeguata al luogo dove si trovavano). Magari cambiando tecnologia fregandosene della variazione sul progetto iniziale. Queste manovre vanno poi ad alterare un impianto con installazioni precarie e orribili da vedere. Esistono casi poi che il cliente aveva installato del materiale di ottima qualità e performance, e si ritrova con materiale scadente e magari, limitato nel funzionamento e sicurezza. Ma il massimo è essere chiamati per disperazione dal cliente perché, nonostante il massacro dell’impianto, la ditta volpe non aveva risolto il problema. E vedere che rimontando i pezzi sostituiti, sostituendo i componenti esausti e ricalibrati, l’impianto riprende il normale funzionamento. Tutti voi vi immaginate un lieto fine col cliente che ti affida la manutenzione. E invece no!!!! Continua con la sua vecchia ditta manutentrice. Cornuto e felice.
Il mondo del TVCC è in continua evoluzione. Nel giro di trenta anni è completamente cambiato e sembra che i miglioramenti non finiscono mai. Dalla semplice visualizzazione e registrazioni di immagini, si è trasformato in un mezzo di immagazzinamento ed elaborazione di informazioni, grazie alla digitalizzazione dei dispositivi. Esploriamo le interminabili frontiere di questa tecnologia.
I vantaggi del digitale Negli ultimi anni, col passaggio dall’analogico al digitale, le frontiere della elaborazione delle immagini, sempre più dettagliate, non hanno limiti. Passare dai tubi al CMOS con sempre più megapixel, unito al fatto dell’evoluzione dei microprocessori sempre più piccoli e potenti, ha portato applicazioni sempre più rivoluzionarie. Ormai tutti possono montare telecamere e vedere le immagini registrate ovunque si desideri con semplice uso dello smartphone. Queste telecamere sono intelligenti e con il motion detector sono in grado anche di chiamarti in caso di movimenti sospetti nelle immagini. Ma adesso andiamo più nel specifico e sul professionale.
Telecamere intelligenti
L’evoluzione della telecamera oltre a possedere autofocus, zoom digitali e luminosità autoregolante, può installare dentro la sua memoria interna, applicativi di ogni genere e funzione, per poter ottenere sempre più informazioni dalle immagini prelevate. Ormai non siamo più difronte a semplici telecamere, ma a veri piccoli computer programmabili tramite applicazione, che elaborano i dati prelevati dal CMOS sempre più performante. Il motion detector integrato e programmabile è la più semplice cosa, compreso linee di attraversamento o oscurazioni di parte dell’immagine. Lettura targhe delle autovetture che passano con prossimità di comunicare i dati ad un sistemi di controllo accessi è un esempio già possibile 10 anni fa: ora è stato migliorato con confrontare la targa con il modello dell’auto e il colore per evitare contraffazioni. Telecamere che inquadrano strade a 6 corsie che contano e memorizzano modello di mezzo (motorino, auto, camion), colore, tipo e verso di marcia per elaborare dati di traffico.
Se poi lo si unisce ad un evoluto sistema di videoregistrazione, è in grado di cercare il transito di una specifica auto (colore, modello, targa) scrutando ore ed ore di immagini registrate. Simile cosa può essere fatto in corridoi per il passaggio di persone per sapere, per esempio, quante persone sono entrate oggi in un edificio commerciale.
TVCC collegato con la sicurezza
Collegando TVCC con la sicurezza, le applicazioni sono ancora più stupefacenti. Telecamere che verificano se in ambienti c’è un probabile principio di incendio (sia fiamma che fumo) stanno subentrando nella rivelazione negli ambienti difficili da installare un normale impianto di rivelazione (per ora non sono ancora EN54 e non ancora recepite dalla UNI9795, ma chissà in futuro….) Riconoscimento facciale per la ricerca di persone o identificazione di pacchi e zaini sospetti un alcune zone critiche. Ormai questi sistemi sono presenti in quasi tutti aeroporti e stazioni. Anche con la ultima urgenza COVID, nel giro di poco tempo, sono uscita telecamere per la rivelazione della temperatura corporea con la sola inquadratura di un passaggio di persone. Questa funzione può essere fatta grazie alle telecamere termiche che vedono l’infrarosso. Questa tecnologia permette anche di supervisionare recinzioni in ambienti non illuminati e identifica la presenza di esseri viventi dove la normale visualizzazione non permette. Molto utile anche in presenza di nebbia. Un altro vantaggio è che la detenzione di queste immagini non presenta problemi con i diritti della privacy, perché la persona non è identificabile.
Anche la tecnologia GPS viene utilizzata per comunicare i puntamenti degli zoom oppure via SMS il punto giusto alle forze dell’ordine.
In conclusione
Spero di non avere dimenticato nulla, ma questo articlo mi costringerà sempre ad aggiornamenti, visto la veloce evoluzione della tecnologia. Già commercialmente si parla di intelligenza artificiale. Cosa ne pensate?
Il rivelatore volumetrico ad infrarosso Cerberus IR10 (o AlarmCom IP 350) è di fabbricazione anni 80 – 90. Molto sensibile ed esente da falsi allarmi aveva varie particolarità. Una delle peggiori era la dimensione: chiedeva uno spazio di circa 15 cm per 10. Il tutto per coprire la fantastica lente concentratrice dei segnali infrarossi che riceveva dal campo
Adesso non si vede più una tecnologia simile, sostituita da lenti fresnel più economiche. Aveva dei comandi difficilmente trovabile su quelli di oggi come la posizione di impianto disinserito, che spegneva completamente il LED di allarme. (forse presente in quelli via bus). O anche il comando di comando per il 40% di sensibilità: Notare la chiave di fissaggio della lente. Infatti questa poteva ruotare in basso e ai lati per permettere un migliore orientamento: Tipico i collegamenti a morsetti a pressione e incastro scheda estraibile. In caso di guasto, si sostituiva solo la parte interna. Ottimo apparato sostituiva IR71 più economico e meno performante.
Negli anni 80 – 90 gli stessi rivelatori venivano commercializzati da de ditte differenti: una per l’installazione dei sistemi direttamente dai tecnici Cerberus e un’altra per gli installatori esterni (AlarmCom). Cambiava solo nome e ditta fornitrice.
Con la serie 9, la Cerberus esce col suo primo modello di rivelazione indirizzata. Poco prima degli anni 90, la Cerberus era in grado di indirizzare 50 elementi di rivelazione su una linea a 2 fili schermati. Permetteva di inserire rivelatori, pulsanti, moduli di ingresso e moduli di uscita. Con loop che poteva essere fino a 1000 m. Le centrali compatibili erano della serie CS10. La CZ10 poteva tenere fino a 24 linee indirizzate e volendo in versione loop con aggiunta di una scheda
La base in plastica porta rivelatore era identica per tutti: quello che variava era l’elettronica all’interno, di diversi colori a secondo delle caratteristiche che avevano ZZ90D – collettivo ZZ90I – Indirizzabile ZZ90MI – Indirizzabile con possibilità di collegare sul stesso indirizzo vari rivelatori ZZ90SI – Rivelatori da collegare a ZZ90MI
Possibilità di collegare i pulsanti AT50MI. Moduli ad 1 ingresso E90MI e moduli ad una uscita E90CI
Col progredire della ricerca si arrivo al primo rivelatore analogico R930, che poteva comunicare se veniva superato il grado di sporcizia possibile
Poteva installare anche rivelatori a doppia camera di ionizzazione F910. Furono gli ultimi rivelatori radioattivi, dopo di che la Cerberus non ha più prodotto rivelatori a doppia camera di ionizzazione
Il VEA-040-A00 è un sistema di aspirazione per la rivelazione di fumi molto particolare. Di produzione Vesda Xtralis, in Italia è commercializzato da Honeywell.
A differenza dei comuni ASD che utilizzano uno o più tubi forati, solitamente di 25 mm di diametro, questo sistema è predisposto per accettare fino a 40 capillari di diametro 6 mm, direttamente collegati alla macchina.
Questi capillari, con una lunghezza fino a 100 metri, riescono a prelevare il fumo nei vari locali e il dispositivo riesce a identificare il singolo tubo che ha provocato l’allarme.
Inoltre, per ogni singolo tubo viene assicurato il controllo del flusso di aspirazione affinché non venga otturato o che abbia delle perdite.
Viene utilizzato per applicazioni specifiche, dove viene richiesta la classe A di rivelazione per ogni singolo tubo e l’identificazione del punto di allarme.
Tramite un altro chassis di uguale misura, installato nella parte alta, si ha a disposizione l’uscita singola di allarme su 40 relè, senza complessi collegamenti.
Altrimenti può essere centralizzato con vari protocolli.
La progettazione e la messa in servizio sono leggermente diversi dagli altri ASD.
La progettazione è molto più semplice. Basta predisporre un capillare per ogni locale o zona che si vuole proteggere. La copertura viene regolamentata dalla UNI9795, ma non devi calcolare la posizione dei fori e il loro diametro come per i comuni ASD. L’installazione deve essere fatta con particolare cura. Tutti i capillari devono collegarsi perfettamente alla macchina o al dispositivo di fissaggio. Tagli perfettamente verticali garantiscono la perfetta tenuta delle giunzioni. Per migliorare l’installazione, Xtralis fornisce un particolare taglierino oer effettuare le connessioni.
La lunghezza massima per il capillare è 100 metri, ma può anche essere ridotta. Il tool di progettazione fornito ti permette di impostare la lunghezza massima del tubo più lungo. Poi il tubo può essere ridotto inserendo a una particolare misura una riduzione a 4 mm. Questo valore di lunghezza massima del tubo deve poi essere inserito nel tool di programmazione VSC per adeguare il valore di normalizzazione del flusso aria.
Uno dei problemi di progettazione è mantenere lo stesso valore di flusso d’aria per ciascun capillare e la soluzione adottata è quella di giocare sulla lunghezza e sulla differenza di lunghezza fra capillare da 6 mm e da 4 mm. La riduzione è sempre fornita da Vesda Curve particolarmente strette di tutti i tubi possono diminuire il flusso dell’aria. Per far rientrare tutti i valori, ho dovuto barare la lunghezza dei tubi aggiungendo 5 metri, in modo che tutti i tubi rientrassero nella tolleranza di aspirazione.
I punti di spillaggio aria
Un altro particolare importante è il punto di spillaggio dell’aria: non è un semplice foro, ma è una piccola valvola che garantisce solo l’aspirazione nel senso giusto, bloccandosi nel senso contrario. Il motivo verrà spiegato più avanti.
La messa in funzione e normalizzazione dei flussi dei tubi è leggermente più complessa e necessita di parecchi minuti, a seconda di quanti sono i capillari collegati.
La messa in servizio
Inizialmente va fatta la taratura e compensazione del flusso. Vengono testati singolarmente i tubi a 2 a 2 e viene memorizzata dal sistema. Se non rientra in un determinato range, la VEA rileva il guasto e segnala la anomalia. Attenzione: questa prima taratura può arrivare a durare fino a 40 minuti, a seconda dei capillari da testare. In caso di guasto di alcuni capillari si può richiedere un test solo per quelli preferiti, diminuendo il tempo di attesa della risposta ed accelerare la ricerca guasti.
Questa prima manovra garantisce che il capillare aspira la giusta quantità d’aria, ma come riesce il VEA a garantire che la quantità d’aria venga aspirata da quel dispositivo di spillaggio e non da una rottura del tubo?? E qui subentra il colpo di genio di Vesda!! Superata la prima taratura, si prosegue col test di integrità INVERTENDO il flusso dell’aria. Essendo in fondo una valvola di non ritorno, non deve passare aria. Se c’è passaggio d’aria, la Vea indica il capillare come guasto. Terminati questi controlli la centrale si normalizza ed entra in uno stato di normale funzionamento. Questi due test possono essere impostiti in fascia orario periodicamente con distanze variabili e, a scelta del cliente, possono essere anche escluse.
L’aspirazione avviene dai 40 capillari contemporeamente per garantire la protezione globale: il caso di allarme inizia la scansione di due capillari alla volta fino alla identificazione del punto da cui proviene. Questa scansione continua fino al ripristino degli allarmi.
Un parere personale è che si tratta di un dispositivo veramente valido, ma se non si tengono conto di queste nozioni tecniche di funzionamento e difficile metterla in funzione. Per questo motivo ho voluto scrivere questo breve articolo. Fra l’altro, la VEA dispone di una funzionalità di pulizia dei capillari, ma non ho ancora indagato sul principio di funzionamento.
Ringrazio il gruppo Allarmisti per passione di avermi permesso di pubblicare questo articolo, con la speranza di essere di aiuto ad altri tecnici che in futuro lavoreranno su questa macchina:
SharpView è una innovativa piattaforma software che somma le funzioni di un vero sistema perimetrale antintrusione e un sistema TVCC deeplearning.
Grazie all’ausilio di sensori MICROONDA RADAR 24Ghz /60Ghz siamo in grado di geolocalizzare su una mappa eventuali target che si muovono all’interno dell’ambiente protetto,
i quali vengono in tempo reale tracciati da una telecamera PTZ e classificati dalla stessa mediante algoritmi di intelligenza artificiale.
Sulla mappa è possibile stabilire una o più aree di allarme di conseguenza un evento di allarme avviene se si verificano tre condizioni:
Movimento certo individuato dal RADAR.
Classificazione del target mediante intelligenza artificiale.
Geolocalizzazione del target su mappa all’interno di una zona di allarme.
creare upgrade di impianti esistenti, dotandoli della nostra intelligenza artificiale e geolocalizzazione del target.
Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono residenti sul nostro server, pertanto il sistema è compatibile con qualsiasi telecamera ONVIF e spesso utilizzato anche per
Con questo sistema si ottengono risultati eccellenti a costi simili o inferiori ai sistemi di protezione perimetrale tradizionali, con un tempo di installazione drasticamente ridotto.
Oltre alla sicurezza perimetrale SharpView ha altri particolari campi di applicazione come la rilevazione di INCENDI BOSCHIVI e la rilevazione di DRONI in volo.
In Italia commercializzato da DUEVI – Via Bard, 12/A – 10142 Torino (ITALY)
Il flusso aria dei ASD è la quantità di fumo aspirata dalla ventola attraverso i tubi forati (pipes) e, normalmente misurata in litri/minuto. Attraverso a dei debimetri o a dei sensori ad incandescenza riescono a misurare la quantità di aria che attraversa ogni tubo e le variazioni nel tempo.
In questa foto si vedono i 4 ingressi dei tubi con sotto il sensore del flusso
Questo è un valore molto importante: deve essere il più similare al valore indicato sul progetto della macchina effettuato con i tools di progettazione forniti dalla casa costruttrice del prodotto. Se non corrisponde il tubo non è stato messo in opera bene (tubo rotto o otturato, troppe curve, ecc) Questo dato, se non corrisponde, può alterare la classe di funzionamento del sistema.
La normalizzazione
Verificato che in fase di installazione che la quantità di aria è quella prevista dal progetto, si procede alla normalizzazione. Il sistema immagazzina il valore misurato e lo tiene per riferimento. Fatto 100 % questo valore, monitorizza nel tempo eventuali variazioni e vede in percentuale quanto questo si modifica. Se scende sotto una certa percentuale il tubo potrebbe essere otturato, se sale potrebbe essere aperto. In tutti i due casi, segnala un guasto. Questa normalizzazione può essere un processo rapido (ASD ad un tubo) o abbastanza lungo (ASD a 2,4 tubi). Per dispositivi a 40 capillari di aspirazione, identificabile ad uno ad uno, il tempo di attesa può arrivare anche a 40 minuti!! In ogni caso, deve essere controllato il flusso e memorizzato per ogni tubo
Manutenzione
A questi apparati va eseguita una manutenzione specialistica. La normalizzazione non dovrebbe mai modificarsi nel tempo e va controllata. Periodicamente la UNI11224 prevede la pulizia dei tubi e la corrispondenza del flusso con il valore del progetto: La tendenza dei tecnici che ad ogni guasto di flusso procedono con una nuova normalizzazione è fondamentalmente errata. Se non si controlla il flusso reale in litri/metro del progetto, si cade nel rischio di perdere la classe con cui si è progettato o, addirittura, la rivelazione dei fumi. Ricordo che per mantenere la classe A, bisogno che il dispositivo segnali l’allarme entro 60 secondi all’esposizione di fumo nel foro più distante. Queste alterazioni variano anche le tempistiche di risposta. I sistemi di classe B devono andare in allarme entro 90 secondi e classe C in 120 secondi Oltre questi tempi non vengono rispettate le normative